Ho scelto questo nome in un periodo storico della mia vita in cui stavo rispolverando la filmografia di Bunuel e rivedendo “Nazarin” ho pensato a diverse figure di predicatori: al protagonista del film che si scontrava con quella società terribilmente simile alla nostra, all’opera di quel grande rivoluzionario che è stato Gesù di Nazareth , ai predicatori folk americani … sentivo quei personaggi molto vicini, congeniali al mio stato d’animo e alla mia scrittura, quindi ho deciso di adottarlo senza pensarci più di tanto.
“A che serve la vostra vita? Io sono dalla parte cattiva, voi dalla buona, ma non serviamo a niente nessuno dei due”, Questa frase è pronunciata dal compagno di cella quando Nazarin finisce per essere incarcerato. E’ una frase emblematica, ma lascia intravedere la sconfitta verso un mondo che stenta a riconoscere il bene, ed ormai abituato a convivere con il male. Il film di Bunuel può essere letto in chiave moderna come una vivida denuncia antiborghese, metafora di una società che non riesce ad intravedere un cambiamento in positivo, ma che accetta passivamente. Tu cosa ne pensi?
Credo che la società di oggi stia sprofondando sempre di più nel pantano dell’insensibilità, un insieme di corpi in fila al volere del potere, anestetizzati e fiacchi, agguerriti e brutali per futili ragioni. L’uomo sta perdendo la sua reale battaglia primordiale, se prima cercava di capire se stesso e sviluppare delle teorie per migliorare la sua condizione di vita adesso ha consegnato vergognosamente la sua mente alla “tecnologia” e ai sistemi oligarchici corrotti.
Il tuo legame con il cinema è fortissimo, avendo scelto un film d’autore. Quanto ha influito il cinema nella tua vita di uomo e di musicista?
Il cinema d’autore mi ha dato tanto, mi rilassa, mi porta ad esplorare certi particolari concetti che estendo in un secondo momento sia nella vita che nella musica. I vari Bergman, Bellocchio, Scola, Kieslowski, Ferreri, Russel e tanti altri per me sono stati da sempre cibo per l’anima e maestri da cui imparare i punti di vista di analisi nei confronti dell’esistenza umana. Adoro.
“Il legame fra il personaggio del film è in stretto rapporto in qualche modo con i “predicatori” folk americani, vagabondi nudi in giro a raccontare storie con unica e sincera semplicità e determinante eleganza e maestria.” Così si legge nella tua biografia. Un musicista, quindi può risvegliare le coscienze moderne? Può ancora essere un predicatore?
Penso proprio di si. Le canzoni devono parlare di quel che sta succedendo ed è compito dell’artista denunciare il marcio, scuotere le anime e dare l’immagine della possibilità di un percorso migliore, lontano da quello che brama soltanto la nostra morte spirituale.
Vanti collaborazioni e svariati opening act con Hugo Race, Cesare Basile, Mick Harvey, Jon Spencer, Michael Rother & Dieter Moebius, Angela Baraldi, Marta Collica, Dead Meadows, Boxeur The Coeur, Songs for Ulan e tanti altri. Quali sono state le più importanti a livello umano e musicale?
Un po’ tutte le esperienze e tutte le persone che incroci durante il tuo cammino ti lasciano qualcosa. Aneddoti e particolari ricordi sono ancora molto vivi, ho fatto tesoro degli insegnamenti e goduto della bellezza di alcuni particolari eventi rubando nel tempo lezioni di umiltà e perle importanti per abbracciare una certa maturità professionale … gli incontri, il confronto, i palchi, le sale, le tavole apparecchiate sono fondamentali per un’ottima crescita interiore ed artistica.
E’ un mio scatto di parecchi anni fa, cercavo un’immagine che sposasse il significato dell’intero disco e frugando nei cassetti ho trovato la foto del particolare degli affreschi della cripta in questione e ho pensato che sarebbe stata perfetta per esprimere i “dannati” che vivono nel girone dell’inferno di questa triste nazione. Ho scritto le canzoni in un periodo di pausa con i Marlowe, sono nate da sole a passi ostinati sulle strade che percorrevo in quello spazio definito. Le ho portate in un primo tempo in giro da solo o in duo per consegnare alle persone la canzone nuda e cruda e capire la potenza emozionale che suscitava, dopo ho coinvolto Carlo Natoli dei Gentless3 e altri amici-musicisti che stimo da tempo per sviluppare in elettrico il progetto. Avevo le idee molto chiare e ho scelto il casolare per avere un contatto diretto con l’opera, isolandomi e annullando il frastuono della città in movimento.
Sia la musica che i testi sono stati scritti da te, e le parole che si accompagnano alla musica hanno una forte carica evocativa. Possiamo dire che insieme alla musica, al cinema, il tuo percorso è intriso di influenze letterarie ed artistiche?
Chiaro… ma non trascuriamo pure gli eventi, le lotte, le scommesse, le sorprese … le valanghe che ci hanno segnato.
Io, “Fiumedinisi” dei Marlowe, di cui tu sei cantante, chitarrista e fondatore me lo ricordo quando uscì. Era il 2010. Un album oscuro, cinematico. Mi è sembrato che Nazarin abbia dato voce all’anima folk dei Marlowe. Vi è un filo conduttore tra i due?
I due album viaggiano su percorsi diversi… “La Mattanza dei diavoli” è un disco più introspettivo, più raccontato, una parte di esistenza che ho masticato con più forza, credo ci sia li dentro l’immagine svestita di uno spirito sincero e la voglia di raccontare un periodo storico che segna la morte o la rivoluzione di un popolo.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro come Marlowe e come Nazarin?
In questo momento penso solo a respirare e vivere la mia recente sfida… in seguito, quel che verrà di buono sarà accolto con grande piacere.
Per ascoltarlo:
http://www.rockit.it/Nazarin/album/la-mattanza-dei-diavoli/23547
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