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Intervista agli Ipercussonici: The Adventurous New Sound Of Sicily.

Gli Ipercussonici sembrano un quadro africano, sprizzano gioia, hanno l’aria di un gruppo di sognatori, colorati, divertenti, ma con i piedi per terra, di persone mature, testarde.
“Carapace”, il nuovo album uscito il 28 maggio 2013 per la Vicerversa Records, è un album composto da undici tracce suonate da tantissimi strumenti di diverse nazionalità: il marranzano siciliano, il didjeridoo australiano, i tamburi africani, il basso elettrico e la kora suonata da Jali Diabate. Un album ricco di partecipazioni, dove c’è spazio per il siciliano, l’italiano, il sousou della Guinea, l’arabo di Ramzi Harrabi (poeta Tunisino-Siracusano), e per il malinkè del Mali. Un lavoro dove si intrecciano storie, suoni e strumenti. 

Carlo Condarelli (percussioni) e Luca Recupero (marranzano e tamburelli) parlano di come è nato il disco, e del loro illustratore, Sandro Pappalardo. “Carapace è un guscio che protegge, è una parte dell’esoscheletro presente in certi animali, il nostro è quello di una tartaruga, ed il titolo ha anche un doppio significato, cara pace, cara la pace” Luca aggiunge che la copertina e le tavole interne sono state create dalla creatività di Sandro Pappalardo, che ha proprio ispirato il nome del disco. Parla di come l’illustratore coniughi tecniche antiche a quelle moderne, così care al gruppo. La copertina è stata realizzata con carta, forbici e taglierino, poi la pressa e l’utilizzo di colori naturali listello per listello. Il lavoro è stato poi ultimato al computer.”
Gli strumenti utilizzati dal gruppo sono una peculiarità della loro musica, del suono come portatore di contenuti, come didjeridoo australiano suonato da Marcello Ballardini. Il didgeridoo tradizionale è ricavato da un ramo di eucalipto e poi scelto tra quelli il cui interno è stato scavato dalle termiti. Abbiamo il marranzano – continua Luca – e l’amnesia selettiva vuole che questo strumento sia classificato come siciliano, ma prima degli anni ’50 era comune in tutta Italia. Il marranzano, il didjeridoo sono strumenti armonici naturali, non hanno tasti, hanno un’unica sorgente sonora. La magia del suono accompagna l’uomo in questi suoni moderni ed antichissimi allo stesso modo. Gli strumenti da noi utilizzati sono frutto di un lavoro di ricerca, un lavoro che ognuno di noi fa ed ha fatto. L’integrazione di culture, di suoni lontani, che poi noi tramutiamo in suoni moderni con quel sapore di antico” Tra una risata e l’altra Michele Musarra (fonico e bassista) prende la parola “Io mi sono integrato chiedendo asilo con un basso, sono temperato e riesco a mediare.” Nel disco, oltre al didjeridoo, il marranzano, e le percussioni, possiamo notare l’utilizzo della m’bira,  strumento idiofono tipico dell’Africa sud-orientale, conosciuto in Occidente anche come sanza. Il principio di base è quello della vibrazione di lamelle metalliche con una semplice pressione di pollici posizionate su una tavoletta di legno. “Abbiamo anche introdotto la kora in questo disco, suonata da Jali Diabate, musicista senegalese. “La Kora è costituita da una mezza zucca svuotata e ricoperta di pelle di animale, e proviene dall’Africa occidentale.” Spiega lo stesso Jali Diabate. Mi parlano di “Fuje” brano dove “La Kora di Diabate si adatta perfettamente all’elemento a cui è dedicato: l’acqua, acqua come bene comune, elemento naturale da cui tutti veniamo, e a cui tutti torneremo. ”  Alice Ferrara (voce) prende la parola e afferma che “Io non suono, ma ormai convivo con questi strumenti, mi sono affezionata” alla domanda se ha studiato canto risponde “Nasco da autodidatta, ma grazie all’incontro con gli altri membri de Ipercussonici, ho incontrato tantissime persone. Tanti maestri di canto, e grazie a loro mi sono nutrita di questo cofanetto di note lontane. – ridendo Alice continua- Ma che fai non ti studi manco una cosa? Loro sono contro l’ignoranza, di qualsiasi tipo, quindi ho fatto tesoro di tutti gli incontri che ho fatto. Luca Recupero è un grande viaggiatore, ci ha portato altre tecniche, ci ha fatto conoscere molte cose. E’ interessante, è bello studiare canto, ma credo sia molto più interessante attingere dalle tecniche altrui. Mi piace ascoltare una donna africana che canta, e magari poi cerco di imitarla, aggiungendo del mio. Ecco, questo è il mio modus operandi.”
Un vostro brano, Mururoa, è stato utilizzato da Greenpeace per la campagna di sensibilizzazione contro la reintroduzione del nucleare in Italia, mentre Festambiente – il maggiore festival musicale ambientalista in Italia – vi ha voluti ospiti sul palco della prima edizione romana della manifestazione. Com’è nata questa canzone?
“Mururoa è una canzone nata in furgone, parla del problema degli uomini, quando si riuniscono sono capaci di fare grandi danni. Si mettono in moto, parlano di progetti, di tecnologie, a volte costruiscono delle bombe e distruggono. Questa canzone ha un forte legame con Greenpeace, proprio perché Mururoa è uno degli atolli che formano l’arcipelago Tuamotu della Polinesia francese e fra gli anni 1966 e 1996 è stato utilizzato dalla Francia come sito per test nucleari. E’ stata una delle prime campagne di Greenpeace, la notizia ha bucato i media a livello globale. Con la loro nave, la Rainbow Warrior, volevano impedire i test nucleari francesi nell’atollo polinesiano di Moruroa. La nave venne affondata dalla Marina francese, e nell’attentato, morì un fotografo, attivista del movimento”

Ho letto che siete uno dei gruppi più amati del Womad (manifestazione ideata da Peter Gabriel).
Nel maggio 2013 avete ricevuto dal Womad stesso l’incarico di una residenza artistica a Malta finalizzata alla realizzazione di una parata musicale con artisti provenienti da tutto il mondo, nel riconoscimento non solo del vostro spessore artistico ma anche della valenza didattica e formativa del vostro lavoro. Cosa mi dite di questa esperienza?
Luca Recupero: “Carlo si era già preparato, infatti indossa la maglia del Womad”
Carlo Condarelli: “Sono persone eccezionali riescono a realizzare festival in tutte le parti del mondo, riescono a convogliare tante persone in un ambiente libero da inquinamento. Paghi un biglietto e assisti a dei concerti, ci sono giostre a vapore degli anni ‘30, parchi, il fior fiore degli artisti che non appartengono alla plastica televisiva, seminari, concerti mistici, ritirati, il corano, poi ci sono sistemi in cui i bambini vengono pagati 10 cent, il vuoto a rendere. Raccolgono tutta la plastica, e vi è anche una toilette dove in base al contenuto solido rilasciato (ride), ti dicono quanta energia produce. Per rappresentare la Sicilia dovevano esprimere la musica e la cucina del nostro paese d’origine. Siamo arrivati in finale con un cantante africano. Ci hanno apprezzati per la pasta alla norma, ricotta salata portata da Catania! Insieme alla fondazione che si occupa di attività pedagogiche, si fa cultura, e da un lato c’è l’accostamento all’attività che si fa a scuola e dall’altro si conoscono personaggi da tutto il mondo, noi facciamo parte di questi personaggi, abbiamo intrapreso dei percorsi educativi e li abbiamo affrontati con i bambini. Malta nel 2018 sarà capitale della cultura europea, vi è movimento in questo momento. Hanno rifatto il centro con l’architetto Renzo Piano, abbiamo lavorato in una scuola facendo un laboratorio che noi facciamo anche all’Istituto Comprensivo di Zafferana, abbiamo avuto l’opportunità di scambiare le nostre esperienze, e abbiamo anche fatto una parata al centro di Malta. Questo trasmettere il contenuto della nostra musica, è un lavoro interessante, che Luca fa con i tamburelli, ed io faccio con le percussioni che si incontrano nella terzina. La terzina, la tripletta esiste sì in Sicilia, ma anche in Africa, e in tutte le parti del mondo.”
Luca: E non dimentichiamo che ci hanno presentati come The Adventurous New Sound Of Sicily!

 

Cristina Chinaski

Cristina Chinaski nasce a Catania dove tuttora risiede. Ama viaggiare, fotografare, leggere, scrivere. Ha una passione viscerale per la musica, suona il pianoforte, colleziona vinili e adora il cinema.

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Cristina Chinaski

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