I giovani di oggi, una generazione definita svogliata, comodista, festaiola e chi più ne ha più ne metta! A quanto pare una generazione che non ha nulla da spartire con quella precedente! In realtà i giovani hanno molto da offrire a questa Italia, perché la voglia di primeggiare, il desiderio di riuscita con i massimi risultati e la caparbietà si eleva ad apici mai raggiunti negli anni passati. I giovani di oggi non sono più “giovani italiani”, ormai l’ambito si è ampliato, la dimensione è quella internazionale e le esperienze e la preparazione ormai è costretta ad adeguarsi ai nuovi tempi. I giovani di allora, ormai dovrebbe far spazio a questa nuova realtà e gli unici che riescono ad appropriarsene interamente in tutte le sue sfaccettature sono proprio i giovani di oggi, proprio quella generazione tanto criticata, in cui non si ripone la fiducia del paese.
Appena quattro mesi sono trascorsi dall’ultima dichiarazione di Monti che fece vacillare gli animi dei giovani, quella dichiarazione rilasciata a Matrix i primi di febbraio che oggigiorno risuona ancora una volta : ”I giovani devono abituarsi al fatto che non avranno un posto fisso per tutta la vita. Tra l’altro, che monotonia il posto fisso!”. Sembra quasi un avvertimento, più che una battuta sarcastica dato che tutti gli italiani sono consapevoli dello status quo e che nessun giovane impavido, dopo aver conquistato un posto di lavoro, si farebbe ammaliare dalla tentazione di lasciarlo. Eppure, in realtà dei fatti, il nostro premier Monti voleva trasmettere un altro messaggio ai giovani con questa sua affermazione, che fin da subito ha destato scalpore. La sua intenzione era quella di focalizzare l’attenzione degli italiani sull’importanza del c.d. sistema di flessibilità delle entrate e delle uscita, ossia ridurre i casi di “apartheid” tra chi è già dentro per età e chi invece ha difficoltà ad entrare.
Nonostante l’arguta precisazione da parte del premier, alla fine di maggio, come già preannunciato, arriva un’altra batosta ma stavolta non per bocca di Monti, bensì dall’Istat: si tratta dell’aumento della disoccupazione giovanile che mai aveva toccato un picco così elevato dal 1992. La percentuale rilevata è del 36% di disoccupazione per gli under 25 con un rapporto di 1:4 che si ritrova senza un posto di lavoro. Un briciolo di conforto potrebbe accorrere dai fondi comunitari destinati per incrementare l’occupazione giovanile con gran parte degli 82 miliardi di euro da distribuire, si tratta di un piano che fa parte della c.d. “garanzia europea per i giovani”, prendendo a modello un sistema che già esiste in alcuni paesi dell’ Ue, come l’Austria. Il progetto intende offrire il diritto ad un lavoro, un apprendistato o una combinazione dei due dopo quattro mesi di disoccupazione. Proposta che Strasburgo chiede agli stati membri di adottare entro la fine del 2012. L’Ue tra l’altro indirizza il suo sostegno alle regioni del Sud Italia proponendo:
-l’attivazione di 13.000 nuovi progetti di mobilità Ue nell’ambito dei programmi Erasmus e Leonardo;
-il finanziamento di un piano occupabilità in Sicilia – di cui dovrebbero beneficiare circa 50.000 giovani;
-altre iniziative per debellare la piaga dell’abbandono scolastico nelle Regioni della convergenza.
Inoltre, a breve, saranno stanziati fondi supplementari – circa 100 milioni di euro – a favore dell’imprenditoria giovanile.
Se segnali confortanti provengono dall’Ue non si può dire lo stesso dello Stato, perchè non è un mistero che è stato messo in discussione il valore legale della laurea; per alcuni si tratterebbe della disapplicazione indiretta dell’art 98 della Costituzione per cui: “I dipendenti pubblici sono al servizio esclusivo della Nazione”. Coloro che sono d’accordo affermano che così potrebbero partecipare ai concorsi pubblici anche coloro che possiedono una laurea diversa dalle tradizionali giurisprudenza, economia e scienze politiche, immettendo nel mercato saperi nuovi e più variegati. Ancora si sostiene anche che nel ramo pubblico, e non solo in quello privato, si privilegerebbe l’importanza dell’Ateneo non assegnando più lo stesso peso a tutte le lauree.
Subito pronta la replica che ammette come sia veramente poco produttivo aprire i concorsi pubblici a chiunque sia in possesso di un titolo di laurea, in tal modo si andrebbe ad inserire in ambiti pubblici gente a cui manca la base cognitiva per procedere correttamente, non tenendo conto dell’essenzialità della valenza tecnica in tali ambiti. Per quanto riguarda il secondo punto a favore dell’abolizione del valore legale della laurea, se si ragionasse in base al ranking delle università nei vari concorsi, prevarrebbero soltanto gli studenti usciti da determinate università;conseguentemente in tutta Italia tutti gli incarichi sarebbero ripartiti a loro. Tutto ciò non può ovviamente verificarsi non solo perché scaturirebbe un incredibile esodo, ma anche perché non tutti gli studenti possono permettersi a livello economico il trasferimento. Infine, significherebbe rilegare in un angolo le aspettative lavorative di molti giovani italiani che non studiano in atenei dal calibro della Bocconi. E’ rinomato il precetto che i concorsi pubblici sono strutturati in esami secondo il d.lgs 165/2001, proprio per evitare soprusi derivanti da eventuali pesi attribuiti alle varie lauree, si commetterebbe violazione di legge in caso contrario. In periodo di crisi bisogna aspettarsi di tutto, certo è confermato che lo stato italiano sta attraversando un momento particolarmente negativo e difficile per i giovani, a maggior ragione trovano spazio proposte per migliorare ed affrettare anche i tempi dell’università. Nessuno vuole perdere troppo tempo dietro i libri, ormai i tempi dello studio disinteressato sono lontani secoli! Qualsiasi strada intrapresa non è mai causale ma sempre in funzione del raggiungimento di un preciso obiettivo. Un consiglio: ”Non bisogna mai perdere di vista il proprio dovere” (cit. Paolo Borsellino), tradotto in termini reali,non bisogna smettere di studiare alla luce della situazione attuale.
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