Vengono, difatti, destinati al ripescaggio tutti quei posti che non sono stati occupati con lo scorrimento, quelli liberi insomma. Fatta eccezione per i corsi a numero programmato nazionale (come Medicina e Architettura), quest’anno, proprio nell’Ateneo catanese, c’erano quasi mille posti. La cosa che più stupisce è che, anche dopo il primo ripescaggio, l’Università ha dovuto avviare “lo scorrimento del ripescaggio”.
A primo acchito, abbiamo pensato si trattasse di un calo di iscrizioni, fenomeno di tendenza degli ultimi anni. Tanto è vero che anche l’Università di Palermo aveva ben 2000 posti disponibili ed ha aperto le iscrizioni a tutti gli studenti interessati, sia che avessero sostenuto la prova sia che non l’avessero fatta. Insomma, un terno al lotto per chi non fosse riuscito ad entrare in un corso o per chi avesse pensato all’ultimo di iscriversi all’università. E, sicuramente, una vera e propria ingiustizia per chi ha pagato 55 euro di tassa di iscrizione ai test per l’Ateneo palermitano.
Se, anche dopo il primo ripescaggio, vi sono tutti questi posti residui, ha ancora senso mantenere il numero chiuso in alcuni corsi? Ricordiamo che, in vista dei test di ammissione 2015/16, l’Ateneo ha aperto alcuni corsi di studio, anche molto frequentati (e ambiti in passato) come Giurisprudenza e Ingegneria.
Tornando ai dati del ripescaggio del nostro Ateneo. In alcuni corsi, come quelli umanistici il rapporto tra domanda e offerta è abbastanza equilibrato: sono pochi i posti destinati al ripescaggio. La cosa sorprendente è che, però, il secondo ripescaggio ha coinvolto anche alcuni tra i corsi più ambiti dagli studenti, quelli delle professioni sanitarie. Scienze Infermieristiche offre ancora 23 posti, Fisioterapia 9, Tecniche di laboratorio biomedico e Tecniche di Fisiopatologia Cardiocircolatoria e Perfusione Cardiovascolare 4. Cambiando settore, anche Chimica e Tecnologia Farmaceutiche ha ben 17 posti. Per non parlare di Scienze politiche: nonostante ci sia il secondo ripescaggio, resterebbero in ogni caso 178 posti liberi.
Alla luce di questi dati, ci chiediamo dunque, è opportuno mantenere il numero chiuso anche nei corsi in cui non è necessario? Perché continuare a svolgere test di ammissione, mobilitando tutta la struttura didattica e facendo pagare 40 euro (55 a Palermo) agli studenti, se resterebbero comunque dei posti liberi? Considerando, inoltre, che molti studenti vedono il numero chiuso come un ostacolo per la realizzazione dei propri sogni e preferiscono iscriversi altrove, l’Ateneo non potrebbe essere più competitivo e introdurre l’accesso libero per alcuni di questi corsi?
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