Lo scorso 1 giugno 2013, la cittadina di Linguaglossa ha ospitato il concerto unplugged di uno dei cantautori italiani maggiormente “impegnati”: Claudio Lolli.
Claudio Lolli è tornato in Trinacria dopo essere stato ospite, il 29 agosto dello scorso anno, ad Acitrezza, in una location molto appropriata: il Lido Dei Ciclopi, bene confiscato alla mafia. (Evento reso possibile dall’Ass. Musicale Culturale “Aspettanado Godot” con l’ausilio di Ludovico Piggioli.)
Mi riesce impossibile non rievocare quell’esperienza…
Rimasi stupita nel vedere tante persone fare la fila all’ingresso, quando ci si sarebbe aspettato di essere “io mammete e tu”. Nell’attesa, pensavo al mio primo approccio con la musica e le parole del cantautore Lolli, quando, girovagando per le vie di “En attendant Godot” mi imbattei, ai tempi degli esami di stato, nel suo riadattamento musicale, uno dei suoi brani più conosciuti: la sua personalissima “Aspettando Godot”. Ne feci un emblema di vita, canticchiandomela nei momenti tristi o in quelli semplicemente confusi di quegli anni. E’ stata colonna sonora di ogni mio compleanno da allora (pensate che allegria!), accanto a “La viola d’inverno” del Prof. Vecchioni e a “Un blasfemo” del Faber (ribadisco: allegria!). Quella sera anche Lolli si fece aspettare, una buona mezzora, poi il palchetto modesto ed intimo si illuminò fiocamente e dopo una simpatica e impacciata presentazione, un “buon divertimento” ammiccante e sarcastico indirizzato al pubblico («Come sapete, la mia musica non è famosa per la sua allegria», disse, scatenando l’ilarità generale), iniziò a parlare. Già. A parlare, non a cantare. Non subito almeno. Lesse testi e poesie, con timbro a tratti straziante, a tratti venato di indulgente melanconia nostalgica. Memorabile la lettura appassionata di “Disoccupate le strade dai sogni”. Parlò della sua famiglia, la sua famiglia che lo avrebbe voluto dottore, o avvocato… di certo non cantante. Parlò di Bologna. La sua Bologna, la città rossa. Fu una performance molto intima e colloquiale, un dialogo continuo col pubblico passando per i brani che hanno fatto la storia della sua carriera, e, diciamolo, anche la storia della canzone italiana. Standing ovation per successi come “Borghesia”,
vero e proprio inno per i centri sociali e i giovani militanti di sinistra e “Ho visto anche degli zingari felici”, riportata in auge da Luca Carboni nell’album di cover “Musiche ribelli” nel 2009. A grande richiesta, fuoriprogramma eppure immancabile, la mia “Aspettando Godot”, accompagnata da un coro commosso di giovani e meno giovani; perché a volte, la musica, fa anche questo: salta da una generazione all’altra ed unisce, fa scomparire i divari d’età.
Dov’è finito il cantautorato, oggi?
Forse ha fatto il suo tempo, come i Beatles, la beat generation e i figli dei fiori. Ne è stato raccolto il messaggio, quando ce n’era bisogno, ed ora… è passato.
I giovani dovrebbero e potrebbero fare qualcosa per recuperarlo?
Penso che i giovani lo facciano già. Conosco molti giovani artisti più che validi. Quel tipo di cantautorato che facevamo noi ormai non esiste più, non serve più, ma questo non significa che sia la musica ad essere morta. La musica si evolve, si trasforma, modifica forme e contenuti e sta a noi stargli dietro, ma le cose da dire ci sono ancora. Ci saranno sempre.
Che opinione ha dei cantautori della “vecchia guardia”, come lei?
(Lo sguardo indugia nel vuoto, pare rifletterci per un po’)
Bah, ho stima per molti di loro… un Lucio Dalla, un Guccini… fammi pensare… De Gregori… De André naturalmente…
Ha mai avuto il rimpianto di non aver spopolato tra le masse o le sta bene essere rimasto un cantautore “di nicchia”?
Mi sta più che bene, direi benissimo! Il successo che volevo, l’ho avuto con “Ho visto anche degli zingari felici”, non facevano che passarla alle radio quando uscì, di continuo. Mi avrebbero costruito dei ponti d’oro, ma cavalcare l’onda di quel successo continuando a perpetuare un facile meccanismo, sarebbe stato “Zingari il ritorno, la vendetta”. Ci avrei fatto i soldi, certo, ma a che prezzo? L’artista va dove lo porta il suo desiderio di esprimersi. Il mio mi ha portato fin qua perché l’ho seguito. Non mi pento d’averlo fatto.
Il comunismo, esiste ancora?
No, è tramontato anch’esso, purtroppo. Non avrebbe senso oggi. Nasceva con e dagli ideali francesi di Liberté, Égalité, Fraternité, cose cresciute e coltivate con altri valori ed altre utopie nate dopo, sviluppatesi a parte, oppure, semplicemente, obliate.
A cosa pensava quando ha scritto “Aspettando Godot”? Voleva approfondire la tematica del non sense lanciata da Beckett?
Beh io semplifico, svilisco, non approfondisco. C’è stata una svolta politicista tutto intorno a me ed in me. In quegli anni si sentiva un fortissimo senso di impoverimento totale. L’impressione che la “Natura Matrigna” leopardiana avesse fatto un errore con noi, imponendoci una vita di decadenza in procinto di ritornare ad essere nulla. La politica dava un senso a tutto questo, lo nobilitava.
Ascoltando il suo Godot, ho sempre pensato fosse una metafora della vita. L’essere umano trascorre la propria esistenza nella perenne attesa di qualcuno, qualcosa, che non arriverà mai, lasciandosi, frattanto, scorrere gli anni migliori tra le dita.
“Ed ho incominciato a vivere forte proprio andando incontro alla morte”. Voleva essere un’esortazione a non aspettare l’ultimo istante prima di vivere davvero?
Non la vedo così. Il bello delle canzoni è che assumono significati diversi a seconda di chi le ascolta, ognuno le interpreta a proprio modo. Per me Godot è l’Utopia per eccellenza. Intervenire sulla propria esistenza per quel desiderio incolmabile che, pure, non bisogna mai smettere di inseguire.
Lei sta ancora aspettando Godot?
Eh, bella domanda! Non bisogna mai smettere di aspettarlo. E meno male che non arriva! Guai, se arrivasse! Sarebbe terribile. Godot è la tensione verso il futuro, quell’insoddisfazione che sta alla base dell’uomo, ma della quale non potremmo mai fare a meno. Senza l’insoddisfazione non ci sarebbe la curiosità di andare oltre, e senza quella saremmo ancora all’età della pietra.
Si considera una persona felice?
Essere felici significherebbe accontentarsi di quel che si è e si ha in quel dato momento. Accontentarsi non fa per me. Mai accontentarsi. Non son contento ancora a sessantadue anni, pensa un po’.
E con questa considerazione volutamente ambigua espressa da un volto solcato da anni ed anni di impegno artistico, musicale, sociale e culturale, si conclude la mia chiacchierata col cantautore Claudio Lolli.
Il cantautore, in ambedue i concerti siculi, è stato accompagnato in trio acustico da due musicisti d’eccellenza: il maestro Paolo Capodacqua alla chitarra classica (elettrificata) e Nicola Alesini al sax e al clarinetto.
Andando ad approfondire le esperienze musicali di due strumentisti straordinariamente preparati, vengo a sapere che Capodacqua accompagna Lolli da ben vent’anni. «”Ho visto anche degli zingari felici”, è stato il mio primo amore, l’imput per divenire un suo fan sfegatato. Non avrei mai pensato, allora, di passare ad essere da suo estimatore a suo stretto collaboratore.», racconta Capodacqua. Il chitarista, formatosi ad Avezzano, vanta un curriculum di tutto rispetto, con collaborazioni con gli artisti più disparati, da poeti a musicisti e autori (David Riondino, Gianni Rodari, Teresa De Sio, Gino Paoli, Eugenio Finardi, Skiantos, Gianfranco Manfredi, tanto per citarne alcuni). Afferma di ispirarsi particolarmente agli artisti nordeuropei, John Sherman un nome fra tutti.
Alesini si è inserito da appena cinque anni, ma il suo back round da polistrumentista lo vede coinvolto in svariate forme d’arte, dal teatro per ragazzi alla danza, dalla poesia alle arti figurative. Ha insegnato Storia della musica, collaborato con la Rai e composto musiche per Vanessa Incontrada.
FOTO A CURA DI CRISTINA CHINASKI ©
Le prossime date del Claudio Lolli Trio attualmente sono:
20 Giugno 2013 Giovedì | Castegnato (BS) | Claudio Lolli, Ho visto anche degli zingari felici Suite – Con Paolo Capodacqua, Roberto Soldati: Chitarre, Danilo Tomassetta: Sax. Auditorium del Ristorante La Casella. Via Padana Superiore 105 – Castegnato Tel. 030.2721664 |
5 Luglio 2013 Venerdì | Controguerra (TE) | Claudio Lolli con Paolo Capodacqua (chitarra) e Danilo Tomassetta (sax). Montepulciano Festival – h. 21.45 |
(Direttamente dal sito ufficiale: http://www.sem.gte.it/claudiololli/)
Vi invitiamo a visitare anche le sue pagine su face book:
– Alla voce “Claudio Lolli – la leggenda” https://www.facebook.com/pages/Claudio-Lolli-la-leggenda/257733194362150?fref=ts
– Alla voce “Aspettando Godot – Storica e Nuova Canzone d’Autore”https://www.facebook.com/aspettandogodot?fref=ts
In esclusiva, informiamo i lettori di LiveUniCt circa un’iniziativa importantissima per la canzone d’autore. Si tratta della Rassegna della musica d’Autore promossa dall’Associazione Aspettando Godot, giunta alla seconda edizione, che avrà luogo in ottobre nella città di Ferrara (cambia sede ogni anno) e vedrà esibirsi: Claudio Lolli, Goran Kuzminac, Mimmo Locasciulli e Juan Carlos “Flaco” Biondini. L’evento verrà ufficialmente presentato dal responsabile dell’Associazione Pino Calautti il 27 giugno a Bologna, per la presentazione del disco “Grazia in punta di piedi” del gruppo esordiente Arangara, prodotti da Francesco Guccini.
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