Le donne, si dice, sono più coraggiose degli uomini, in amore e nella quotidianità, hanno più forza di loro quando si trovano dinanzi a scelte importanti o a sforzi fisici. Hanno davvero, però, le stesse opportunità nel mondo del lavoro?
Storicamente la tecnologia ha un genere maschile che viene individuato nella falegnameria, nella meccanica e nel bricolage; la tecnologia di genere femminile invece riguarda la tessitura, il cucito e il ricamo. Da sempre dunque la sfera d’azione della donna è quella legata alla cura e all’allevamento, mentre quella dell’uomo alla creatività, all’arte e al gioco. Per affrontare un discorso di questo tipo dovremmo andare indietro di qualche secolo e ricordare le abnormi differenze di genere, superate, oltrepassate e ormai sostituite dalle pari opportunità per ciò che riguarda diritti, doveri, onori e oneri. Considerando, per esempio, il numero di iscritti ai corsi universitari di medicina e biologia notiamo subito che c’è una prevalenza di donne, mentre ai corsi di chimica, fisica e matematica prevale il numero degli uomini.
La presenza di donne all’interno di un’azienda, oggi, è spesso sinonimo di successo e i dati parlano chiaro: le aziende con almeno tre donne presenti in CdA realizzano l’84% in più di ritorno nelle vendite rispetto a quelle in cui le donne sono assenti, il 60% di ritorno del capitale investito e il 40% in più di redditività del capitale. Risultati brillanti, eppure, ottengono il 10% in meno dei finanziamenti venture capital.
Il problema di fondo sta nell’atteggiamento stesso delle donne. Merav Rotem Naaman, amministratore delegato e co-fondatrice di Nautilus, incubatore e società di investimento di AOL in Israele, esempio di donna in carriera a livello internazionale, cita il libro “Women don’t ask – Negotiation and Gender Divide” di Linda Babcock e Sara Laschever e afferma che “le donne hanno l’inclinazione a non chiedere. A casa, in fila al supermercato. Tendono a non chiedere promozioni e aumenti. Io per prima, pur continuando a fare le cose a modo mio, a volte mi fermo a pensare: se fossi mio padre, mio marito, un mio amico, chiederei questa cosa? È un esercizio utile”.
Le ragazze, dunque, non devono essere perfette, ma coraggiose, devono assumersi la responsabilità delle proprie scelte, devono rischiare per raggiungere la meta. Tutto ciò però potrebbe non bastare, infatti bisognerebbe realizzare dei percorsi formativi ad hoc e attuare politiche governative di pari opportunità in modo tale da poter favorire il percorso che porterà ad un ricambio generazionale nei prossimi anni e che vedrà sicuramente un maggior numero di donne nelle aziende, con tutte le competenze digitali, informatiche e linguistiche che richiede il mondo del lavoro.