Ottimi risultati per le università italiane. Durante la pandemia che sta mettendo a dura prova il tessuto commerciale del nostro Paese, le Università di tutta Italia si sono mobilitate per fare ricerca scientifica sul virus. Proprio per questo, i nostri atenei sono rientrati nella top 5 mondiale per la ricerca scientifica relativa al Covid-19. Ciò è emerso grazie ad un’analisi comparativa delle prestazioni delle università mondiali condotta da QS World University Rankings by Subject nel 2021 sulle performance di 452 indirizzi di studio in 52 atenei italiani.
Italia fra i migliori nella ricerca scientifica
Proprio “Scopus”, il database scientifico creato dalla casa editrice Elsevier e utilizzato da QS per calcolare la produzione di ricerca scientifica delle università, riconosce l’Italia come uno dei 5 migliori Stati al mondo per la produzione di ricerca scientifica sul coronavirus.
Per la precisione il nostro Paese si classifica al quarto posto, prima di noi, Usa, Cina e Regno Unito; dopo l’Italia, invece, c’è l’India. Inoltre, tra gli “eccellenti risultati” spiccano anche quelli relativi al mondo della medicina che classifica il nostro Paese al quinto posto mondiale. Sono due in partciolare le università italiane che si collocano tra le prime cento per gli studi di “Medicina”: si tratta dell’Università di Bologna (90esimo posto, salita di quattro posizioni) e dell’Università degli Studi di Milano (95esimo posto, scesa però di dodici posizioni).
Ben Sowter, vicepresidente della divisone Professional Services a QS, plaude all’impegno dell’Italia: “Essendo una delle prime nazioni ad essere esposta al coronavirus – sottolinea – l’Italia è stata in prima linea negli sforzi di ricerca che stanno consentendo all’umanità di comprendere, monitorare, prevenire e trattare questa minaccia unica. Gli atenei italiani, classificati al quinto posto al mondo per “Medicina”, hanno dato prova delle loro conoscenze conducendo preziosi studi di ricerca sul sequenziamento delle varianti, raccogliendo dati, e sviluppando vaccini”.
“I risultati raggiunti dall’Italia quest’anno dimostrano che – continua Sowter -, oltre ad offrire un’istruzione di prim’ordine a livello mondiale in materie storicamente presenti nei curriculum universitari (non esiste destinazione migliore nell’Europa continentale per studenti appassionati di Studi Classici) le università italiane hanno saputo affrontare magistralmente anche le urgenti sfide contemporanee“.
Italia seconda al mondo negli studi classici
Altro ottimo risultato per quanto riguarda i nostri atenei, questa volta nel campo umanistico. L’Italia è al secondo posto come miglior Paese dove studiare “Classici & Storia Antica”. L’analisi comparativa delle prestazioni delle università mondiali nel 2021 racconta che, in totale, otto delle cinquanta migliori istituzioni al mondo per lo studio di classici e storia antica sono italiane:
- la Sapienza (al primo posto)
- Università di Pisa (salita dal 28esimo al 18esimo posto)
- Università di Bologna (20esimo posto)
- Università degli studi di Napoli Federico II (38esimo posto)
- Università di Tor Vergata di Roma (40esimo posto, perdendo terreno rispetto al 32esimo posto del 2020)
- Università Ca’ Foscari Venezia (42esimo posto)
- Università degli studi di Milano (45esimo posto, nel 2020 era al 39esimo)
- Scuola Normale di Pisa (al nono posto in classifica, ma nel 2020 era all’ottavo).
Solo gli Stati Uniti hanno più università (dodici) nella top 50 in questa materia.
I risultati indicano che il settore dell’istruzione superiore italiano eccelle in particolare nelle aree di disciplina “Arte e Studi Umanistici” e “Scienze Sociali e Management”. Le università italiane hanno dimostrato di poter offrire agli studenti eccellenti corsi nella disciplina “Scienze Politiche e Affari Internazionali”. L’European University Institute (al quarantesimo posto) e l’Università Luiss Guido Carli (al quarantottesimo posto) raggiungono la top 50, mentre l’Università di Bologna entra fra le top 100.
Basandosi sul numero di programmi che si piazzano fra i primi venti nelle rispettive discipline, l’Italia si classifica anche al dodicesimo posto come miglior sistema di educazione superior al mondo. Nell’Europa Continentale viene superata solo dalla Germania (con 17 programmi nella top 20), i Paesi Bassi (con 27 programmi), e la Svizzera (con 40 programmi).
Tra gli altri dati emerge inoltre che l’Università di Bologna ha scalato 5 posizioni, piazzandosi al 53esimo posto nell’Area di Facoltà “Arte & Studi Umanistici”. E il Politecnico di Milano si piazza al ventesimo posto per l’Area di Facoltà “Ingegneria & Tecnologia”.
La classifica per temi scientifici
Tuttavia i nostri atenei non risultano nella classifica mondiale delle università sul fronte delle discipline tecnologiche o scientifiche. Nessun ateneo italiano, infatti, appare tra le prime cinquanta per Scienze Biologiche, Chimica, Scienze Ambientali e Matematica.
Solo un’istituzione italiana figura fra le top 50 per “informatica” ed è il Politecnico di Milano (44esimo posto). È quanto emerge nell’undicesima edizione dei QS World University Rankings by Subject.
L’analisi comparativa delle prestazioni delle università mondiali nel 2021 racconta che nelle 51 classifiche per materia stilate da QS, l’università leader in Italia è il Politecnico di Milano, con sette dei suoi programmi classificati tra i migliori 50 al mondo.
Più nello specifico le punte di diamante del Politecnico di Milano sono “Arte e Design” (dove l’ateneo si aggiudica il quinto posto), e “Architettura” (decimo posto). In totale, 6 dipartimenti italiani raggiungono la top 10 globale, 2 in meno dell’anno scorso. Il numero di programmi universitari entrati nella top 50 in classifica è invece cresciuto rispetto al 2020 (ora sono 32, prima erano 31).
Ben Sowter, a tal riguardo sottolinea che “le classifiche hanno evidenziato delle aree (specialmente gli indicatori “produzione scientifica” e “reputazione” per Scienze Ambientali, Informatica ed altre materie di crescente importanza a livello internazionale) che i leader dell’istruzione superiore italiana devono migliorare per assicurarsi che le università siano preparate a guidare gli studenti, e la società, nel futuro“.