Compie oggi 75 anni Franco Battiato, maestro delle contaminazioni, personalità superba e vasta. La sua vita, trascorsa all’insegna di poesia, pittura, musica e filosofia, impedisce di categorizzarlo entro un preciso settore culturale: nel corso della sua attività è stato un poeta sociale magnificamente eclettico, un genio che ha trovato concreta applicazione anche nella Settima Arte.
Gli anni ’70 – Baba Yaga
Le sue prime e occasionali comparse nel ruolo non accreditato di attore si datano agli inizi della sua carriera, quando recita nel film Baba Yaga di Corrado Farina (1973).
Il film, tratto da un volume di Valentina, fumetto erotico dal taglio cinematografico, onirico ed erudito, edito da Guido Crepax, vede Battiato agghindato di canuta capigliatura e lunga tunica bianca, come un vero e proprio santone hippie. La scena dell’happening al cimitero, condita da zombie e streghe, è la principale che recita Battiato, purtroppo eliminata dai tagli di montaggio per la versione italiana della pellicola.
L’idea di scritturare proprio Battiato, secondo quanto dichiarato dallo stesso regista, rimane quasi un mistero: “Non lo avevo mai sentito nominare. A Milano c’era un tizio che ci faceva da ufficiale di collegamento sul territorio, e fu lui che me lo portò. Lo trovai una ‘faccia’ straordinaria, oltre che un tipo molto divertente, ricordo che andava in giro con dei pantaloni a stelle e strisce, e mi parve adattissimo a impersonare uno dei contestatori radical-chic ‘alla Crepax’ “.
Gli anni ’90 – Una vita scellerata e Il giorno di San Sebastiano
Ulteriori vicende cinematografiche che vedono il protagonismo del poeta si datano circa vent’anni dopo dall’esperienza con Farina. Compone, nel 1990, per l’omonimo Giacomo Battiato, la colonna sonora del film Una Vita Scellerata: Il soggetto è ispirato all’autobiografia di Benvenuto Cellini (Vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze, 1728); la scellerata ma adrenalinica vita del famoso scultore e orafo fiorentino del XVI secolo, che ama, uccide, difende Castel Sant’Angelo dall’attacco dei lanzichenecchi, fugge dalla prigione dove l’ha rinchiuso Papa Paolo III, trova espressione in una produzione italiana che sia per il cast d’eccellenza – Max Von Sidow, Ben Kingsley, Wadeck Stanczak tra gli attori – che per la splendida fotografia di Dante Spinotti, fu recepita positivamente da pubblico (audience media di 2.177.000 telespettatori) e critica.
Quella di Una Vita Scellerata fu la prima soundtrack del Maestro, che, pur trovandosi alla prese con la musica tardo-rinascimentale e barocca, non mancò di aggiungere quel pizzico di sperimentalismo che sempre caratterizzò la sua vasta produzione: per rendere musicalmente la figura dicotomica di Cellini, diviso tra la scelleratezza delle sue attitudini e la notevole maestria e serietà della sua produzione artistica, Battiato ha introdotto celati effetti elettronici, archi dissonanti e cori eterei, ripetuti e modificati, quasi a voler rendere dicotomico – esattamente come la personalità del protagonista – il sottofondo musicale che lo accompagna.
Nel 1994 firma le musiche de Il giorno di San Sebastiano, prodotto da Pasquale Simecca. Il film si ispira ad alcuni fatti avvenuti realmente nel 1893 a Caltavuturo, in provincia di Palermo. Il 20 gennaio, festa di San Sebastiano Martire, un plotone di bersaglieri, istigato da un gruppo di campieri mafiosi, apre il fuoco su una folla di contadini che rivendica i diritti su un fondo demaniale. L’atroce episodio provoca la reazione dei Fasci dei lavoratori, che si mobilitano in ampie manifestazioni proprio a Caltavuturo. Solo la brutale repressione di Crispi mette fine all’ondata di sommosse contadine che attraversa l’intera regione. Della colonna sonora sopravvive soltanto Il Giorno di San Sebastiano che, completamente in siciliano, apre i titoli di testa: “Ma d’unni chiuvìu tanta ruvina?”.
Ma le aspirazioni di Battiato non si limitarono, com’era prevedibile, soltanto alla produzione di colonne sonore: consapevole della prassi di abili registi e spronato dalla collaborazione di successo col poeta Manlio Sgalambro, nel 1979 comincia a dirigere i suoi singolari videoclip raccolti in Dal cinghiale al cammello – The Video Collection nel 1993.
Gli anni ’00 – Perdutamor
È arrivato, dunque, il momento di fronteggiare il grande schermo armato di una vera e propria macchina da presa: si data infatti al 2003 il suo primo lungometraggio a soggetto, largamente autobiografico, Perdutamor. Debutta come registra all’età di 58 anni e dichiara: “Partiti da un soggetto assolutamente pretestuoso, con Manlio Sgalambro, abbiamo scritto una sceneggiatura per un film-balletto. Il protagonista, un “cavaliere inesistente”, condivide con gli altri caratteri (stereotipi di comodo) l’incontro con lo “straordinario”. Così la lezione di cucito, di tantra, l’esoterismo, la filosofia. Il mio intento era quello di comporre e plausibilizzare questi sprazzi di veglia. La macchina da presa è il vero protagonista.”
La storia si svolge in tre momenti narrativi che gravitano attorno al protagonista, Ettore Corvaja: la formazione adolescenziale in Sicilia, la sua carriera da studente in pieno boom economico degli anni ’60 e, infine, la frenesia milanese nella quale si immerge seguendo le sue aspirazioni di scrittore. Ma conosce anche un mondo altro grazie ad un gruppo esoterico che frequenta, apprezzando la scoperta del sé.
Nel film echeggiano temi e argomenti già affrontati nella sua produzione musicale, mediati anche e soprattutto dalla collaborazione con Manlio Sgalambro, principale punto di riferimento filosofico: l’esoterismo, ad esempio, è perfettamente esemplificato nell’album “L’era del cinghiale bianco” del 1979. I riferimenti al filosofo René Guénon, sono piuttosto espliciti: fu proprio questo personaggio, infatti, ad argomentare sul “cinghiale bianco” nell’opera “Simboli di Scienza Sacra” (1962) e a teorizzare, sulla scia delle culture Indù e Celtiche, questa singolare era del cinghiale bianco, ossia una fase mitologica e magica per l’uomo nella quale si raggiunge la conoscenza assoluta in senso spirituale.
Il film, originale per tematiche e colonna sonora, assemblata da Battiato stesso mescolando insieme new wave e musica classica, fu un successo per pubblico e critica: gli valse infatti 6 candidature ai Nastri d’Argento del 2004 e una vittoria come regista esordiente. Perduto Amore di Salvatore Adamo, oltre a darne il nome, è anche il brano principale della pellicola.
Gli anno ’00 – Musikanten
Musikanten, presentato nel 2005 alla Mostra del Cinema di Venezia, è il suo secondo film, imperniato sugli ultimi quattro anni di vita di Ludwig van Beethoven, interpretato da Alejandro Jodorowsky: “Beethoven è un pretesto per descrivere il senso dell’eccellenza, che va scomparendo. Voglio emozionare lo spettatore a un livello superiore e più profondo di quello della storia in se stessa. Si tratta di un progetto che mira a coinvolgere studiosi di varie discipline, che hanno in comune l’obiettivo di aprirsi a settori, normalmente, definiti non scientifici”.
Da molti definito pretenzioso, incomprensibile, autoreferenziale o addirittura brutto, Musikaken si snoda tra psicomagia, sciamani, reincarnazioni, dialoghi surreali ed improbabili tipici anche della personalità di Jodorowsky che, con Battiato, condivide il gusto per la sperimentazione.
Spazientito di fronte alle critiche, ai borbottii di chi, spaesato, lamenta la poca decifrabilità del film, Battiato risponde: “Io sono uno che lavora per l’elite, queste sono le risate isteriche di chi sa di non sapere”. Tuttavia, il film è oggi riconosciuto come d’interesse culturale nazionale dalla Direzione generale per il cinema del Ministero per i Beni e le Attività Culturali italiano.
Gli anni ’00 – Niente è come sembra
Nel 2007 presenta il suo terzo progetto cinematografico, Niente è come sembra: Giulio Varga, anziano docente di Antropologia Culturale presso lo IULM di Milano, vive una crisi matrimoniale che porta sua moglie a lasciarlo. Appassionato di feste etnico popolari, progetta di andare in un villaggio per documentare una festa del fuoco di origini precristiane; nella ricerca di questo luogo si perde in un bosco in cui vaga fino al sopraggiungere dell’oscurità, nella quale scorge, infine, una casa illuminata.
Qui assiste a un’insolita festa di compleanno: in una stanza i convitati discutono di metafisica, in altre si tengono letture di tarocchi ed esercizi di musica. In seguito, dopo una passeggiata ricreativa, alcuni di essi manifestano prodigi mistici, e all’ateo Giulio viene presentata la triste condizione dell’uomo, prigioniero delle proprie passioni. Mentre un gruppo di persone ascolta attentamente un maestro spirituale che predica in un assolato giardino, Giulio si allontana con indifferenza per raccogliere ciliegie.
Il film fu stroncato dalla critica, sembra che Battiato abbia fallito nuovamente la sua sperimentazione; di pregevole troviamo comunque la colonna sonora: contiene La Cura, La Canzone dell’Amore Perduto (classico di Dè Andre reinterpretato), Lode All’Inviolato (da Cafè de la Paix), ed una poesia di Sgalambro, Amici.
Gli anni ’10 – Attraversando il Bardo
Ultima impresa cinematografica di Battiato, Attraversando il Bardo (2015), si configura come un documentario esistenzialista pervaso da una straordinaria colonna sonora; un viaggio spirituale che va ad analizzare la morte così com’è intesa in filosofie occidentali ed orientali. Il Bardo Todol è, infatti, il testo principale della letteratura tibetana.
Filosofia e musica sono, quindi, per Battiato una cifra stilistica ben riconoscibile; il poeta, sebbene marcato da alcuni insuccessi cinematografici, appare anche a quest’analisi come una delle personalità più erudite, culturalmente e socialmente attive di cui l’Italia abbia goduto in questi decenni: “La Mente – dichiara egli stesso in Apriti Sesamo (2012) – è qualcosa di stupefacente, un tesoro, che soddisfa il desiderio, uno scrigno di ogni possibile cosa”.