È stato presentato ieri il primo rapporto sui giovani laureati e l’imprenditorialità, a cura di AlmaLaurea, con la collaborazione del dipartimento di scienze aziendali dell’università di Bologna e di Unioncamere, e che ha stimato in 205.137 il numero dei giovani laureati che hanno fondato un’impresa, cioè il 7 % del totale. Il numero di aziende fondate, ammonta a 236.362, che corrisponde al 3,9 % del totale delle aziende presenti in Italia.
Un dato considerato importante dal segretario generale di Unioncamere Giuseppe Tripoli. “Il dato cresce man mano che passa il tempo dalla laurea, è fondamentale”, aggiunge Timoteo. “Fermarsi alla percentuale è poco, l’indagine va letta nel suo complesso. Sicuramente è importante generare e sostenere una cultura dell’imprenditorialità nella formazione universitaria”.
Nel rapporto si evidenzia come il 61,3% dei laureati fondatori ricopre una carica da titolare, il 22,1% da amministratore e il 16,6% da socio. Il 37,1% dei fondatori ha creato la propria impresa prima di conseguire la laurea (il 13,4% prima di iscriversi all’università, il 23,7% durante gli studi universitari), mentre il 27% entro il terzo anno dalla laurea. La quota restante (35,9%) ha creato la propria impresa dopo il terzo anno dalla laurea. Tra i fondatori gli uomini rappresentano il 53,9% mentre le donne il 46,1% (nella popolazione di laureati le percentuali sono invece, rispettivamente, 40,1% e 59,9).
Un dato importante, e che influenza la cultura d’impresa, è dato dal contesto familiare che quindi influenza le scelte dei figli e spesso li orienta nelle scelte da compiere. Tra i neo imprenditori, il 39 % ha un padre libero professionista, l’11,5 % ha un padre imprenditore, il 7.4 % ha il padre dirigente e il 7,2 % ha un padre che riveste un ruolo di quadro/direttivo. Mentre il 21,2 % dei padri ha un ruolo da impiegato e il 13,2 % è operaio. Diverse percentuali per quanto riguarda le professioni delle madri, anche se confermano tali tendenze seppur con una diversa distribuzione percentuale.
Per ciò che riguarda le imprese, c’è una prevalenza di ditte individuali, che rappresentano il 60,2 % del totale, il 24,8 % sono invece società di capitale, il 15 %, infine, società di persone. Anche qui, le percentuali rispecchiano la tendenza nazionale con una crescita importante delle società di capitale a discapito di quelle personali.
I settori su cui i giovani imprenditori hanno puntato sono: l’11,6 % opera nel settore agricolo, il 9,4 % nel settore industriale, e per il 79 % nel settore dei servizi, che quindi, rappresenta la categoria principale. Tra i servizi, il principale settore è il commercio, seguito da attività professionali, scientifiche e tecniche, e da, attività finanziarie e assicurative. Il 7,5 % ha puntato su attività di ristorazione e alloggio, mentre il 6,9 % su informazione e comunicazione.
Per la stragrande maggioranza dei casi si tratta di microimprese, quindi con un fatturato inferiore ai 2 milioni di Euro. Delle imprese nate nel 2009 tra i giovani laureati, e pari a 9.821, a dieci anni è ancora attivo il 54,8 % che corrisponde a 5.400 imprese. Se si fa un confronto coi dati nazionali, si vede che delle 312 mila imprese nate nello stesso anno, il 2009, a dieci anni di distanza è attivo solamente il 40,6 %.
Invece, se si considera il tasso di crescita, che è dato dal rapporto tra il saldo delle iscrizioni e cessazioni per anno di osservazione, e lo stock delle imprese dei laureati, che corrisponde a 236.362, si vede un tasso di crescita tra i giovani laureati imprenditori che è passato dal 2,2 % del 2009 al 3,7 % del 2018, mentre a livello nazionale è passato dal 1,2 % del 2009 allo 0,5 % nel 2018.
“L’indagine – spiega Marina Timoteo direttrice del consorzio AlmaLaurea – mostra come l’imprenditorialità dei laureati abbia esiti positivi nell’ambito del contesto nazionale. L’indagine conferma, quindi, il dato, già da tempo acquisito dalle indagini di AlmaLaurea: laurearsi conviene. Chi si laurea ha più chances di fare impresa e ha più chances di far durare l’impresa che ha creato”.