I tifosi del Calcio Catania non dimenticano e, a tal proposito, molto poco hanno digerito la decisione da parte del Comune di Catania di intitolare l’ormai ex piazzale Oceania al celeberrimo giornalista catanese Candido Cannavò.
“E’ una vergogna, quell’uomo all’epoca, durante l’era Massimino, contribuì a buttare fango sul presidente e sulla squadra. Non merita l’intitolazione di una piazza nella nostra città!“, questo uno dei tanti commenti presenti nei maggiori social network.
«Il nocciolo del problema è Angelo Massimino, col quale non si costruisce nulla», le parole al veleno mai perdonate, nei confronti del rimpianto presidente Massimino, a Candidò Cannavò, direttore del quotidiano rosa più famoso d’Italia. Uno schieramento crudo e diretto all’epoca della Gazzetta dello Sport, che lasciarono solo Massimino in una lotta solitaria che portò al fallimento del Catania Calcio.
“Ma cosa c’entra associare la sua memoria ai colori del Catania Calcio? – si legge tra le righe apparse sulla pagina facebook “Quando saremo tutti nella nord” – Ricordare la storia è importante, perché chi è senza memoria non potrà mai avere coscienza di sé. Di ciò che è e di come lo è diventato. Candido Cannavò, nell’estate del 1993, nell’estate maledetta del 1993, quando il Cavaliere Massimino combattè, da solo, con l’unico conforto della tifoseria che in maniera (quasi) compatta restò accanto alla squadra, per la sopravvivenza del Catania, non era schierato al fianco del Catania. E questo sarebbe nulla. Ciò che è più grave è che si schierò contro il Catania. Poteva orientare il giornale da lui diretto, il più importante, nel senso di raccontare la verità dei fatti per come si stavano svolgendo. Poteva scrivere dell’enorme abuso di potere che si stava commettendo. Ed invece nelle colonne della Gazzetta dello Sport anche attraverso gli editoriali di Alfio Caruso, si leggevano solo parole di fuoco, sprezzanti, di condanna, di un uomo considerato ignorante, non presentabile, che era giusto spazzare via dal calcio. E cosa importava se, insieme ad esso, si cancellava una squadra di calcio, una storia, un patrimonio condiviso di ricordi e memorie, comune a centinaia di migliaia di catanesi? Il progresso doveva trionfare!, il resto non importava“.
Di tutt’altro avviso invece il sindaco Enzo Bianco che ieri, durante il sopralluogo effettuato prima dell’odierna inaugurazione, ha così commentato: “Catania ha un obbligo morale nei confronti di Candido Cannavò, grande giornalista, amato e stimato da diverse generazioni di lettori e ricordato ancora con affetto in tutt’Italia. La sua fu la prima firma che, da ragazzo, imparai a conoscere, leggendo La Sicilia e apprezzando la sua straordinaria maniera di raccontare. Ricordo le sue inchieste e il suo impegno sociale: fu tra i primi a impegnarsi per promuovere la donazione del sangue a Catania“.
“Per questo, associare il volto di Candido Cannavò ai colori rossoazzurri – si legge ancora nella fanpage dedicata al libro “Quando saremo tutti nella nord” di Luigi Pulvirenti e Michele Spampinato – è un attacco alla memoria che non possiamo consentire. E non è un caso che tale scelta venga operata sotto una amministrazione comunale, quella Bianco, che ventidue anni fa si schierò contro il Catania, appoggiando la manovra della Figc, condividendo le parole che Cannavò e Caruso scrivevano sulla Gazzetta, non muovendo un dito perché il Catania 1946 venisse sottratto a quel delitto che si stava impunemente tentando di commettere. Anzi. E ci fermiamo qui. Forse voi avete dimenticato. Noi no.”.
Ed il piazzale Cannavò proprio stamane è stato inaugurato: un’area verde tutta nuova, un’area recintata per lo sgambamento dei cani e soprattutto quel murale della discordia, realizzato per l’occasione da Andrea Marusic e dall’amaro sapore di autogoal per l’intera città.