Si è svolto questa mattina, presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università degli Studi di Catania il seminario intitolato “Crisi dell’informazione, giornalismo culturale e post-verità”. Inserito all’interno degli incontri dedicati ai dottorandi in Scienze dell’Interpretazione e in Scienze per il patrimonio e la produzione culturale, si è trattato, per giovani studiosi e docenti, di un importante momento di riflessione sulla contemporaneità.
Ad aprire la giornata è stato il professore Antonio Sichera, coordinatore del corso di dottorato in Scienze dell’interpretazione, che brevemente ha illustrato il tema dell’incontro e presentato il relatore della giornata. Ex direttore de Il Sole 24 ore e docente presso l’Università IULM, Salvatore Carrubba ha delineato un quadro puntuale ed esaustivo delle principali criticità che affliggono oggi il mondo dell’informazione e, in particolare, l’ambito del giornalismo culturale.
Fortemente in crisi e in conflitto con il mondo dei social network, il settore dell’editoria e dell’informazione, in Italia così come in Europa e negli Stati Uniti, ha rimesso in discussione i fondamenti, il ruolo e la funzione stessa dell’informazione: “La crisi dell’informazione – ha detto Carrubba – non è semplicemente una crisi di bilanci delle imprese editoriali. È una crisi che ha a che fare col modo in cui si fa informazione, con il modo in cui crediamo di fare informazione e, infine, con il modo in cui noi consideriamo l’informazione.”
Dopo aver illustrato alcuni dati sulle attuali tendenze del mondo dell’informazione nel nostro Paese, che registrano ad esempio un preoccupante calo del 40% in riferimento alla lettura dei giornali cartacei nel giro di cinque anni, il professore si è concentrato, più che sulla difficile convivenza tra carta stampata e digitale, sulla diffusione e sulla fruizione delle notizie attraverso i canali social (principalmente Facebook e Twitter) e sulle preoccupanti dinamiche che la regolano.
L’accesso all’informazione sul web avviene oggi attraverso quelle che vengono chiamate “fonti algoritmiche”. Nel caso di Facebook, è la piattaforma stessa a selezionare le notizie sulla base delle nostre tendenze, dei nostri profili e delle persone con le quali interagiamo. “Si tratta di un’informazione fortuita, casuale e filtrata – spiega Carrubba – che dà origine a quella che viene chiamata disintermediazione. L’informazione non è più intermediata da persone che selezionano le notizie o da noi stessi che decidiamo quali notizie leggere, ma da un’intelligenza artificiale che non sappiamo bene come si muove”.
Si tratta evidentemente di un cambiamento epocale nell’informazione che è diventa meno democratica, meno critica e pluralista, motivo per il quale si perde il confronto con l’altro e si finisce per rinchiudersi in una bolla dove l’unico dialogo possibile è soltanto quello di chi la pensa come noi. “Questo – continua il professore – fa crescere un’altra tendenza che sta diventando sempre più significativa: la sfiducia delle competenze. Non si ha più fiducia nei politici, nei medici, nei fisici, ma soprattutto non si ha più fiducia nei giornalisti”.
Carrubba tuttavia segnala anche alcune piccole inversioni di tendenza, come il tentativo di disciplinare tramite delle norme europee la politica dei social, limitando ad esempio la diffusione di fake news o dell’hate speech che, proprio a causa della casualità dell’algoritmo sulla base di interazioni e tempo speso sulle piattaforme, sembra ultimamente aver preso pericolosamente piede. Per ultimo, pare che, in particolar modo tra i giovani, il fact-checking stia diventando sempre più frequente.
Dopo un breve approfondimento sul giornalismo culturale che, oggi più che mai, ha bisogno di un forte rinnovamento, l’intervento ha infine lasciato spazio al dibattito dove, a partire dai numerosi spunti offerti dal’ex direttore de Il Sole 24 ore, studenti e docenti hanno avuto modo di discutere e di confrontarsi su diverse questioni: dall’importanza del pensiero critico alla democrazia rappresentativa, dai limiti e le possibilità del digitale all’Università come centro di formazione di cittadini liberi.