Il Rapporto Cnel 2025, presentato a Villa Lubin, fotografa una situazione allarmante: l’Italia continua a perdere giovani in modo strutturale, senza ricevere un equivalente ricambio da parte dei coetanei dei Paesi avanzati. Per ogni giovane straniero che arriva, nove giovani italiani lasciano il Paese. Una fuga che penalizza territori già fragili e amplifica squilibri sociali ed economici.
Quanti giovani hanno lasciato l’Italia
Tra il 2011 e il 2024 sono emigrati 630 mila giovani tra i 18 e i 34 anni. Al netto degli ingressi, il saldo negativo supera le 440 mila unità. Nel solo 2024 si contano 78 mila partenze: un valore pari al 24% delle nascite dell’anno. Una dinamica che mette in discussione la capacità del Paese di trattenere e attrarre capitale umano qualificato.
La situazione della Sicilia
La Sicilia risulta la seconda regione italiana per numero di giovani in fuga, con 116 mila partenze dirette verso il Centro-Nord e numeri ancora più alti se si considerano gli espatri. Complessivamente, tra mobilità interna e verso l’estero, la regione registra 163 mila giovani in uscita dal 2011 al 2024.
La perdita di capitale umano pesa anche sul piano economico: l’Isola vede “trasferiti” verso altre regioni 44 miliardi di euro in valore formativo e produttivo. Una spinta che riguarda soprattutto giovani qualificati, molti dei quali scelgono Germania, Regno Unito e Svizzera.
Chi resta e chi parte
Il fenomeno colpisce in modo crescente anche le donne: nel 2024 rappresentano il 44,5% dei giovani siciliani che decidono di lasciare l’Isola. Una tendenza che racconta difficoltà occupazionali, ricerca di salari migliori e la necessità di condizioni di vita più stabili.
Il Cnel evidenzia un dato strutturale: l’Italia non partecipa alla normale circolarità migratoria tipica dei Paesi avanzati. È soprattutto un Paese di partenza, non di destinazione. A scegliere l’Italia è appena l’1,9% dei giovani provenienti da Stati Uniti ed Europa occidentale. Un segnale che riflette problemi di competitività, salari bassi, incertezza e un mercato del lavoro meno dinamico rispetto ad altre economie.












