
Sanità Sicilia: Nel 2023 soltanto 13 Regioni italiane su 21 hanno rispettato i Livelli essenziali di assistenza (Lea), ovvero gli standard minimi di cura e servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a garantire a tutti i cittadini. Lo rivela il monitoraggio del Ministero della Salute, i cui dati sono stati elaborati dalla Fondazione Gimbe. Il quadro nazionale, pur rimanendo stabile rispetto all’anno precedente, mostra forti criticità: otto Regioni hanno peggiorato le proprie performance, segno che i divari territoriali non solo persistono, ma tendono ad ampliarsi.
Le Regioni più virtuose continuano a essere quelle del Nord e del Centro: il Veneto si piazza al primo posto con 288 punti, seguito da Toscana (286) ed Emilia-Romagna (278). Al contrario, le ultime sette posizioni della classifica sono occupate quasi esclusivamente dal Mezzogiorno, con l’unica eccezione della Valle d’Aosta.
Per la Sicilia, il bilancio è particolarmente allarmante: l’Isola si colloca penultima in Italia, con un arretramento di 11 punti rispetto al 2022. Una retrocessione che pesa come un macigno e certifica la difficoltà cronica della Regione a garantire adeguati standard di prevenzione, assistenza ospedaliera e servizi territoriali. La perdita di punteggio pone la Sicilia tra le aree più deboli del Paese, con conseguenze dirette sull’accesso alle cure da parte dei cittadini.
In un contesto in cui alcune Regioni meridionali hanno mostrato segnali di ripresa – la Calabria ha guadagnato 41 punti e la Sardegna 26 – la Sicilia resta invece ancorata a un declino strutturale, accentuato da inefficienze organizzative e da una carenza cronica di personale e risorse.
Il report della Fondazione Gimbe ha suscitato immediate reazioni da parte delle sigle sindacali. Luisella Lionti, segretaria della Uil Sicilia, ha parlato senza mezzi termini di un “declino inarrestabile” del sistema sanitario regionale. “Questo risultato – ha affermato – è la dimostrazione dell’inadeguatezza delle politiche finora adottate. La Sicilia penalizza i suoi cittadini, negando il diritto fondamentale alla salute. Servono risorse per rafforzare le strutture, assumere personale e riorganizzare i servizi. I tagli e la gestione approssimativa non sono più sostenibili”.
Anche la Cisl Sicilia, con il segretario generale Leonardo La Piana, ha espresso forte preoccupazione. “La sanità siciliana affonda da decenni nelle sabbie mobili, ostaggio del rimpallo di responsabilità tra governi e forze politiche. Senza un nuovo modello gestionale e organizzativo – ha aggiunto – non resterà altro che indignarsi a ogni nuova statistica, senza mai affrontare i problemi strutturali”.
Secondo la Fondazione Gimbe, il sistema di valutazione dei Lea presenta limiti intrinseci, perché si basa su pochi indicatori e su soglie di promozione troppo basse. Inoltre, i Piani di rientro e i commissariamenti, adottati negli anni per migliorare i bilanci regionali, hanno avuto un effetto marginale nel ridurre i divari territoriali. In Sicilia, la situazione è ormai da troppo tempo in stallo: senza un deciso cambio di passo nella programmazione sanitaria e negli investimenti, il rischio è che l’Isola resti stabilmente tra le ultime posizioni del Paese, continuando a penalizzare i cittadini e a minare uno dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione.
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