
Sono finalmente disponibili online i dati aggiornati sulle strutture sanitarie che praticano l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG). L’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato l’elenco ufficiale dei centri a cui le donne possono rivolgersi, un passo necessario in un contesto dove regnano spesso confusione e mancanza di trasparenza. Eppure, la situazione reale è ben diversa da quella che si vorrebbe far credere: in molte regioni, l’accesso all’aborto è ancora ostacolato da mille difficoltà. Proprio in Sicilia, ad esempio, l’ARS (Assemblea Regionale Siciliana) resta immobile davanti alla proposta di legge che vorrebbe istituire reparti con personale non obiettore. E a pagarne le conseguenze, ancora una volta, sono le donne. Troppe sono costrette a spostarsi fuori dalla propria Regione per accedere a un servizio che dovrebbe essere garantito ovunque. È inaccettabile che nel 2025 un diritto sancito dalla legge venga trattato come se fosse opzionale, secondario, quasi un favore concesso e non una scelta libera e consapevole.
Un gesto tanto semplice quanto dirompente quello compiuto dall’Istituto Superiore di Sanità: rendere pubbliche le informazioni sulle strutture dove è possibile accedere all’interruzione volontaria di gravidanza. In un Paese in cui la trasparenza su questo tema è sempre stata più proclamata che reale, si tratta di un cambiamento importante. Fino a oggi, le uniche fonti affidabili erano quelle messe insieme da realtà indipendenti come Laiga 194, Obiezione Respinta o dal lavoro autonomo di Chiara Lalli e Sonia Montegiove. Adesso, per la prima volta, è un ente statale ad assumersi la responsabilità di fornire un’informazione chiara e verificabile: sapere dove si può abortire diventa finalmente un diritto concreto e visibile.
La creazione di una nuovo elenco aggiornato di strutture è frutto dell’iniziativa sostenuta dal Ministero della Salute, nell’ambito del Programma CCM 2022, come risposta a dei fondamentali obiettivi: potenziare la rete dei professionisti che operano nel monitoraggio dell’interruzione volontaria di gravidanza, garantire un accesso più equo ai servizi su tutto il territorio nazionale e favorire una collaborazione più efficace tra istituzioni pubbliche e realtà del terzo settore.
Di seguito si riporta l’elenco aggiornato delle strutture sanitarie presenti in Sicilia presso le quali è possibile accedere al servizio di interruzione volontaria di gravidanza.
Agrigento (AG):
Catania (CT):
Enna (EN):
Messina (ME):
Palermo (PA):
Ragusa (RG):
Siracusa (SR):
Trapani (TP):
Nonostante la pubblicazione di elenchi ufficiali rappresenti un piccolo passo avanti, il cammino verso una piena tutela dei diritti resta ancora lungo e segnato da numerose contraddizioni, soprattutto in Sicilia! Infatti, secondo i dati forniti da Medici del Mondo, la situazione nella nostra Isola risulta particolarmente critica. L’obiezione di coscienza continua a essere uno degli ostacoli principali nell’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza. A livello nazionale, sebbene la percentuale di medici ginecologi obiettori sia leggermente diminuita, i numeri rimangono comunque allarmanti, con punte elevate, soprattutto nel Sud Italia. In Sicilia, ad esempio, l’81,5% dei ginecologi si dichiara obiettore di coscienza, un dato che evidenzia quanto sia difficile per le donne accedere a un diritto fondamentale. Ancora nel 2025, per molte donne siciliane esercitare i propri diritti diventa una vera e propria odissea.
È importante ricordare che la Legge 194, che regola l’interruzione volontaria di gravidanza, è legge dello Stato dal 1978 e che l’aborto rientra tra i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), ossia i servizi che lo Stato è obbligato a garantire a tutti i cittadini. Tuttavia, in Sicilia, con una percentuale così alta di medici obiettori di coscienza, questo diritto non sempre è effettivamente garantito. Nel 2025 in Sicilia non si riesce ad assicurare alle donne l’accesso a uno dei loro diritti fondamentali
Nel frattempo, a livello nazionale, si osserva anche una diminuzione dei Consultori Familiari pubblici, che sono passati da 1.871 a 1.819 unità, ben al di sotto della quota prevista dalla legge, che stabilisce la presenza di almeno 1 consultorio ogni 20.000 abitanti. Nel 2021, infatti, si sono stati registrati solo 0,6 consultori ogni 20.000 abitanti, ovvero poco più della metà di quelli necessari per garantire un servizio adeguato a tutte le donne. A questa carenza si aggiungono i lunghi tempi di attesa: il 74,3% delle interruzioni volontarie di gravidanza sono state considerate non urgenti, il che ha costretto oltre 48.000 persone a subire un’attesa di sette giorni dal rilascio del certificato. Questo ritardo, che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) considera una barriera all’accesso all’IVG, rappresenta una fonte di sofferenza inutile e un potenziale trauma psicologico per le donne coinvolte.
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