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Adozioni per single approvate: tempi lunghi e problemi burocratici

Adozioni internazionali aperte ai single, una vera e propria svolta storica. Ma la burocrazia resta un ostacolo con iter lunghi e spesso complessi.

Anche le persone single potranno accedere alle adozioni internazionali! Questo è quanto si legge nella sentenza numero 33, con la quale è stata dichiarata la costituzionalità illegittima dell’articolo 29-bis, comma 1, della legge 184 del 1983, nella parte in cui esclude le persone singole dalla possibilità di adottare minori stranieri residenti all’estero.
La Corte, chiamata a esaminare la normativa sull’adozione internazionale, ha sostenuto che tale esclusione violava gli articoli 2 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La disposizione dichiarata illegittima, infatti, limitava in modo eccessivo l’opportunità per gli aspiranti genitori di essere disponibili all’adozione, contravvenendo al principio di solidarietà sociale che tutela il benessere del minore. Finalmente riconosciuto anche alle persone single la capacità di offrire al minore un ambiente stabile e sereno in cui crescere.

I casi giuridici e adozioni internazionali per i single

Raffaella Brogi, magistrata di 54 anni originaria di Siena e residente a Firenze, è stata una delle prime persone a intraprendere il percorso per l’adozione internazionale come single, portando alla luce una questione legale cruciale in Italia. Nel lontano 2019, si era rivolta al Tribunale dei minorenni della sua città per chiedere la dichiarazione di idoneità all’adozione internazionale e dopo un lungo iter burocratico la Corte ha concluso la sua sentenza: “il divieto di adozione internazionale è incostituzionale”. Si apre così l’adozione anche a chi non è sposato, come lei.
In realtà, l’adozione internazionale per i single era già possibile in casi specifici. Secondo quanto si legge nel sito delle della Commissione Adozioni Internazionali, Nel 2005, la Corte costituzionale, chiamata ad esaminare la richiesta di una donna italiana non sposata , la quale voleva adottare una bambina bielorussa orfana e in condizioni di abbandono nel suo Paese d’origine, si era già espressa favorevolmente. La bambina, bisognosa di cure mediche urgenti, aveva sviluppato con la donna un legame affettivo stabile durante i cosiddetti soggiorni di risanamento. Da allora, la Corte ha riconosciuto il diritto dei single ad adottare, ma solo in determinate circostanze. L’adozione era quindi possibile solo si poteva provare un legame solido e duraturo con il minore già prima della scomparsa dei genitori biologici, ma anche in caso di disabilità del minore o quando la situazione del bambino rende impraticabile l’affidamento preadottivo.

Un iter lungo e complesso

L’adozione internazionale è un percorso lungo e complesso, che può durare anche fino a quattro anni. Non si tratta solo di burocrazia, ma di un cammino che coinvolge tribunali, servizi sociali, enti autorizzati, medici e psicologi. Tutto comincia con la dichiarazione di disponibilità, un documento che apre le porte alla valutazione da parte del tribunale dei minori. Se necessario, si attiva anche un’indagine dei servizi sociali, che analizzano la situazione familiare, economica e le motivazioni profonde della persona o coppia che intende adottare. Una volta ottenuto il decreto di idoneità, si ha un anno di tempo per affidarsi a un ente autorizzato, indispensabile per interfacciarsi con il Paese estero e preparare il dossier necessario. Dopo l’invio del dossier, si attende l’abbinamento: la proposta di un bambino compatibile con il profilo della famiglia adottiva. Se i genitori accetteranno, potranno partire per conoscere il bambino.  Qualora l’incontro dovesse andare bene, l’adozione verrà formalizzata all’estero e il minore potrà rientrare in Italia, dove seguiranno ulteriori adempimenti: trascrizione dell’adozione, codice fiscale, iscrizione all’anagrafe.
Ma il percorso non finisce qui. Anche dopo il rientro, è previsto un periodo di post-adozione, durante il quale vanno inviate relazioni periodiche al Paese d’origine, per monitorare il benessere del bambino. Osservare non si tratta di procedure semplici e veloce un vero e proprio iter lungo e delicato pieno di passaggi tecnici e burocratici che richiedono determinazione e tanta pazienza.

I rari casi di duplice abbandono

Con la possibilità data ai single di poter accedere alle adozioni internazionali si cercherà di affrontare e risolvere uno dei problemi più delicati: il riabbandono dei bambini. Secondo quanto si legge dal sito della Commissione Internazionale delle Adozioni, “percorsi problematici delle adozioni internazionali”, molti bambini sono destinati a subire un duplice trauma e a rivivere una seconda sofferenza. Infatti gran parte delle adozioni difficili giungano a buon fine! Proprio per questo la stessa commissione ha deciso di avviare una ricerca per capire meglio le cause legate a queste difficoltà. Con l’apertura delle adozioni internazionali si spera vieni contrastare questo delicato fenomeno. Secondo i dati raccolti dalla commissione delle adozioni internazionali su circa 9000 ingressi di minori adottati il 2% sembra non essere andato a buon fine.

Perché molte bambini sono costretti a tornare indietro

Secondo gli studi condotti dalla Commissione molti degli insuccessi adottivi, senza dubbio, si sarebbero potuti evitare se le famiglie avessero avuto accesso immediatamente ad un sostegno costante. Una guida sicura e un punto di riferimento affidabile avrebbero fatto la differenza. Secondo le ricerche condotto, molto spesso però sono le stesse famiglie a chiudersi in loro stesse e a non chiedere aiuto, ad isolarsi per paura forse dei giudizi altrui. Ecco perché è fondamentale che il sostegno non si esaurisca con il primo periodo di inserimento, ma prosegua nel tempo, con discrezione, empatia e continuità.
Dietro ogni fallimento adottivo si nasconde una storia difficile, fatta di dolore, aspettative tradite e ferite mai guarite. Da un lato ci sono bambini che arrivano con un passato già troppo pesante sulle spalle: abbandoni, abusi, lunghi periodi in istituto, perdite affettive profonde. Tutto ciò incide profondamente sulla loro capacità di costruire relazioni stabili e fiduciose, rendendo più difficile l’inserimento in un nuovo contesto familiare. Dall’altra parte, molte famiglie partono con aspettative idealizzate, immaginando che l’amore e la buona volontà possano bastare. Quando si scontrano con comportamenti oppositivi, chiusure emotive o disagi psicologici importanti, possono sentirsi disorientate, frustrate, inadeguate. Se è vero che l’inserimento del bambino in famiglia rappresenti un traguardo importante, è altrettanto vero che, proprio da quel momento, inizia un percorso spesso complesso e delicato.
Affinché questa apertura sia davvero efficace, però, non basta ampliare o modificar la legge, serve un sistema pronto ad accompagnare i nuovi genitori in ogni fase del percorso, a sostenere e proteggere i nuovi legami d’amore che nasceranno.

Ilaria Santamaria

Laureata in lettere e futura filologa comparatista. Ad occupare il mio tempo libero lunghe passeggiate sotto il sole e una buona lettura di un classico.

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Ilaria Santamaria

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