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Maturanda non vedente senza insegnate di sostegno, le parole del padre: “Non c’è inclusione”

 “Mia figlia ha sempre ottenuto con l’impegno voti brillanti. Spero che intervenga l’Ufficio scolastico provinciale affinché ripristini un diritto che non va scambiato per pietismo”, trapela tutta la rabbia di un padre che vede alla propria figlia non vedente non concessa la possibilità di avere un’insegnate di sostegno

Abbiamo sempre avuto un rapporto di fiducia e confronto con l’istituzione scolastica, ma adesso non possiamo tacere dinanzi al diritto allo studio negato a nostra figlia”. dichiara in un intervista alla Repubblica Antonio Cristaldi, padre della 18enne Alisea, studentessa cieca che frequentante la quinta classe al Liceo Scientifico “Stefano Patrizi” di Cariati (Cosenza), ove quest’anno si è ritrovata senza insegnante di sostegno con competenze del linguaggio Braille.

La triste vicenda

Mia figlia è cieca assoluta dalla nascita a causa di una retinopatia, durante il suo percorso scolastico ha sempre avuto docenti di sostegno specializzati nella lingua Braille. Purtroppo la sua insegnante dell’anno scorso non era di ruolo, pertanto quest’anno, nonostante avessimo chiesto la continuità formativa, le è stata assegnata una nuova docente che, però, non ha competenze nel sistema di lettura e scrittura tattile a rilievo per non vedenti”.

Non appena abbiamo saputo che quest’anno sarebbe cambiata la docente di mia figlia, insieme a mia moglie ci siamo confrontati con la dirigente scolastica che ci ha assicurato sarebbe stata altrettanto brava e competente. Soltanto a inizio anno scolastico abbiamo appreso che questa docente non è specializzata nella lingua Braille. In quel momento ci è caduto il mondo addosso. Soprattutto mia figlia ha reagito molto male”.

«Purtroppo le persone cieche sono tendenzialmente schematiche e abitudinarie. Non appena ha percepito la sua quotidianità scolastica stravolta, con evidenti difficoltà a svolgere i compiti come era abituata con risultati brillanti, ha innalzato un muro e ha iniziato ad avere crisi nervose».

Per questo avete sentito l’urgenza di intervenire?

Preferendo sempre il confronto, ci siamo rivolti nuovamente alla dirigente che, però, ci ha detto che non poteva agire in nessun modo. Allora abbiamo deciso di indirizzare un’istanza alla scuola e all’Ufficio scolastico provinciale tramite un legale per far riconoscere un diritto inalienabile a nostra figlia”.

Il padre parla anche del pochissimo riscontro ottenuto dalle istituzioni

Nessuno! Qualche giorno fa, la dirigente scolastica ci ha risposto che tra i 18 docenti di sostegno assegnati per quest’anno scolastico al liceo frequentato da mia figlia nessuno è in possesso di queste competenze certificate. Silenzio assoluto, invece, da parte dell’Ufficio scolastico provinciale che, attualmente, sta violando una sentenza del Consiglio di Stato che prevede l’obbligo a ricorrere anche a canali diversi dal mero attingimento delle graduatorie per reperire un insegnante di sostegno specializzato”.

Le vie legali non bastano a causa di un sistema lento e con tempi estremamente dilatati

per tutelare il benessere emotivo e il diritto allo studio di mia figlia, ma conosciamo bene i tempi della giustizia italiana. Quest’anno mia figlia ha gli esami di maturità, non possiamo perdere ulteriore tempo. L’attuale docente di sostegno, che nonostante i suoi limiti è sempre disponibile con noi, si è premurata per seguire un percorso volto ad ampliare la sua formazione sulla disabilità visiva, ma anche in tal caso è troppo tardi. Mia figlia, abituata a voti di profitto e non di pietà, ne sta risentendo ed è aggrappata all’assistente alla comunicazione, prevista per legge per gli studenti con disabilità. Ma la affianca solo 10 ore a settimana, giusto a ridosso delle verifiche”.

Le speranze del padre

Innanzitutto l’intervento dell’Ufficio scolastico provinciale, così come previsto dalla legge. Non chiediamo assistenzialismo, ma il riconoscimento di un diritto: ogni studente deve avere un insegnante di sostegno commisurato alle specifiche difficoltà variabili in base al tipo di disabilità. Altrimenti, pur consapevoli che sarà una lotta contro il tempo, dovremo procedere legalmente. L’altra sera, mia figlia mi ha detto “non possiamo accettare passivamente che persone come me vengano trattate come oggetti privati dei propri diritti”. Mi si è stretto il cuore. Si parla tanto di inclusione, ma siamo ancora a questo punto».

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