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Olimpiadi, l’importanza della salute mentale: da Marcell Jacobs a Simon Biles

Le Olimpiadi di Parigi 2024 sono senza dubbio l’evento di questa stagione estiva e vedere vincere i nostri campioni ci rende sempre orgogliosi e patriottici, ci fermiamo mai però a chiederci quanto può impattare un evento del genere sulla vita dei partecipanti olimpici? L’ansia da prestazione e la pressione della vittoria possono influire sulla salute mentale dei nostri campioni, che in fin dei conti a volte dimentichiamo essere umani, proprio come noi.

Benessere psicologico alle Olimpiadi, un tema ricorrente

Sempre più sportivi negli ultimi anni hanno puntato i riflettori sul tema della salute mentale, sottolineando come l’aiuto di un supporto psicologico sia di importanza fondamentale per gare di calibro così importante. Gli atleti contribuiscono in questo modo alla sensibilizzazione del loro vasto pubblico, distruggendo il tabù che aleggia intorno al mondo dello sport, a volte nascondiglio di una mentalità tossica e nociva.
Mettendo in risalto le proprie debolezze, gli sportivi mostrano il loro lato umano che spesso ci sfugge, ricordandoci che non sono macchine, ma persone con i propri tempi e con il diritto di fermarsi quando necessario. In questi giorni ha fatto molto parlare la vicenda di Benedetta Pilato, arrivata quarta al mondo nei 100 metri rana e criticata da una giornalista rai; dopo lo spiacevole evento, la giovane sportiva, ha voluto lanciare un messaggio importante «Tanti giovani si sono sentiti colpiti personalmente da episodi di questo tipo. Spero di aver smosso la mia generazione. Dicono che noi giovani siamo svogliati, se finisci l’università in dieci anni dicono che sei sbagliato». Poi ha concluso: «Non sono una che si accontenta, a nessuna piace perdere, ma quando arrivo quarta non posso chiedere di rifare la gara, accetto quello che viene. Io ho capito quello che valgo, per questo la mia contentezza nella mia intervista».

Simon Byles e le Olimpiadi di Tokyo 2020

Uno dei casi che ha fatto più scalpore è quello di Simon Byles, atleta di ginnastica artistica del team americano. La pluri-campionessa non ha partecipato ai giochi olimpici di Tokyo 2020, ritirandosi dalla gara “Sentivo che sarebbe stato meglio mettermi in secondo piano per lavorare sulla mia consapevolezza e sapevo anche che le ragazze avrebbero comunque fatto un ottimo lavoro“, ha spiegato Biles nella conferenza stampa dopo l’evento. Con questa decisione ha senza dubbio mostrato coraggio, dando priorità alla sua salute mentale.

Portare alla luce il tema della salute mentale [significa di più]“, ha detto Biles ai giornalisti. “È qualcosa che le persone devono affrontare ma allo stesso tempo è un argomento che spesso viene tenuto nascosto. Sento che non siamo solo intrattenimento, siamo anche esseri umani. Abbiamo sentimenti e le persone non capiscono cosa stiamo passando”.
Spero che passi il messaggio che l’ho fatto per me stessa e nessun altro. Volevo competere ancora una volta ai Giochi Olimpici“, ha detto. “Non è facile rinunciare a un sogno che dura da cinque anni e non riuscire a realizzarlo, quindi è stato davvero molto difficile. Non sono mai stata sugli spalti, quindi semplicemente non ci ero abituata. Avere un’opportunità in più per gareggiare è stato tutto per me“.

Quest’anno la campionessa olimpica è però tornata in gara, vincendo ben 4 medaglie e diventando la ginnasta americana più decorata delle Olimpiadi. L’atleta ha parlato della tematica a lei cara anche durante le conferenze stampa a Parigi 2024, sottolineando l’importanza, nella sua routine, di un supporto psicologico. Alle 7 di mattina, prima della finale all-around femminile, ha parlato con la sua terapista “per essere certa di stare mentalmente bene“. “Penso – ha spiegato – che questo si veda anche durante le competizioni“.

Marcell Jacobs e l’importanza di un mental coach

Marcell Jacobs lo conosciamo tutti, velocista e campione olimpico nei 100 metri piani e nella staffetta a quattro con record europeo. L’atleta dopo l’oro a Tokyo 2020 ha dichiarato che i suoi successi li deve soprattutto alla sua mental coach, la prima persona che ha ringraziato dopo la vittoria. Nel suo caso, l’aiuto apportato, ha sbloccato tutto il suo potenziale: ha risolto traumi psicologici e aiutato la sua gestione dell’ansia.

Queste le parole del velocista: “Il mio obiettivo iniziale era migliorare nello sport, ma per prima cosa abbiamo dovuto lavorare su tutto quello che mi succedeva lontano dalla pista. Dall’infanzia alla quotidianità, ho scavato e scavato in me stesso, in un percorso intenso e difficile. Allenare la mente è dura davvero. Nel 2020 ero pronto a livello fisico ma a livello mentale no, non sarei mai arrivato a certi risultati senza lavorare sulla testa. Nicoletta mi ha chiesto quale fosse il mio obiettivo per i Giochi? Le ho detto che volevo la medaglia.  Era abbastanza ambizioso come desiderio, ma sapevo quali fossero le mie capacità. Mi mancava uno step per attivarle e quello step era la mia mental coach. Io mi facevo condizionare molto dagli altri, ora mi sono liberato, se prima le gare difficili mi mandavano in crisi, adesso mi stimolano, se c’è uno più forte di me ora voglio prenderlo e mangiarlo, devono parlare di me non di lui. Nicoletta è stata fondamentale, mi ha sbloccato. Mi segue da un anno e mezzo e so che c’è ancora tanto da fare, ma sono qui per affrontare questo percorso insieme”.

Il campione olimpico, che alle olimpiadi di Parigi 2024 è arrivato quinto, con un ottimo punteggio, ha dichiarato sui social «Volevo dimostrare ancora una volta che, nonostante tutte le difficoltà che si possono incontrare nella vita, è importante saper cadere e rialzarsi ogni volta, è quello che ho sempre fatto. Nella finale di ieri sera ho fatto un’ottima partenza e ho cercato di spingere fino alla fine. Gli altri correvano fortissimo e io ho dato il massimo».

Noah Lyles, l’uomo più veloce al mondo

Tanti altri atleti quest’anno si sono esposti, rivelando le loro debolezze. Il campione dei 100 metri piani, nonchè l’uomo più veloce al mondo Noah Lyles,  ha lanciato un appello sui social “Soffro di asma, allergie, dislessia, ADD, ansia e depressione, ma ti dirò che ciò che hai non definisce ciò che puoi diventare. Perchè non tu!“, sono state quindi queste le parole con cui ha voluto festeggiare la medaglia d’oro.

Nel suo team, il velocista ha anche una psicologa. In passato, Lyles ha spesso raccontato di come la depressione abbia cercato di sopraffarlo dopo il terzo posto alle Olimpiadi di Tokyo e l‘esperienza del Covid. Ora, però, ha finalmente avuto la sua rivincita

Elisa Caruso

Studentessa di Giurisprudenza appassionata di giornalismo scrive per LiveUnict. I suoi interessi spaziano dalla letteratura all'arte fino alle battaglie sociali e all'attivismo. Collabora con la redazione live Unict dall'ottobre 2023.

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