Rappresentazione classiche di Siracusa 2024: in scena l'Aiace di Sofocle. Alla regia Luca Micheletti che è riuscito a commuovere il pubblico
Continuano ad affascinare le rappresentazioni classiche al teatro greco di Siracusa. Quest’anno protagonisti della scena siracusana: Aiace, Fedra e il Miles gloriosus. Per l’edizione 2024 tutti gli spettacoli sono stati curati dalla fondazione Inda. Fondazione che quest’anno ha festeggiato i suoi 110 anni dalla prima rappresentazione classica al teatro greco di Siracusa. Infatti, proprio nel 1914 veniva portato in scena l’Agamennone di Eschilo.
Ma il successo accumulato in tutti questi anni sembra non essersi esaurito. La prima rappresentazione per la stagione 2024 ha anticipato il grande successo di quest’anno. Si tratta dell’Aiace di Sofocle, curata dalla regia di Luca Micheletti (che ha anche vestito i panni del protagonista Aiace). Un gran successo per Micheletti: tutte le date hanno fatto subito sold out! Lasciando, chi ha avuto l’onoro di assistervi, senza parole.
Protagonista indiscusso: il tragico e solitario eroe l’Aiace. Ma chi era l’eroe sofocleo? Aiace era uno dei più valorosi combattenti della guerra di Troia. E fu colui che avrebbe voluto ottenere le armi di Achille, a seguito della sua morte. Armi che però, verranno assegnate, per volere di Menelao e Agamennone, ad Odisseo, noto per la sua spiccata intelligenza. A seguito di questa decisione Aiace impazzirà. E peccando di hybris, arriverà ad affermare che tutti i meriti di cui si è ricoperto in battaglia, non erano dovuti all’aiuto di alcun dio, ma solo a se stesso. L’eroe ormai, invasato dalla sete di vendetta, deciderà di sterminare tutti gli Atridi. Ma invece di scagliarsi contro l’esercito, farà strage di un gregge di pecore. Non vi è più ritorno per l’eroe. Si è eternamente ricoperto di vergogna (αἰσχύνη). Il peso del peccato è insopportabile, l’unica soluzione è cercare la morte: il suicidio. Infatti, proprio nella scena finale, Aiace si ucciderà lanciandosi sopra una la sua stessa spada. Inizia così il secondo atto, in cui Agamennone e Menelao vorrebbero negargli la sepoltura. Ma sarà proprio Odisseo, con parole di umanità e di saggezza, a convincerli a rendere all’eroe adeguati onori funebri.
Quest’anno a portare in scena il dramma sofocleo è proprio il registra Micheletti , che tra le tante traduzioni ha scelto quella di Walter Lapini. La rappresentazione del regista è fortemente ancorata alla tradizione del testo originale, solo sporadicamente si accenneranno timidi punti di innovazione: tra cui la macabra rappresentazione scenografica ad opera di Nicolas Bovey. Ed è proprio la scenografia a catturare immediatamente l’attenzione del pubblico. Inizialmente sulla scena solo un grande drappo coperto di sangue e la carcassa di un animale fatto a brandelli, preludio di quello che succederà a breve. Successivamente, dopo la strage vergognosa di Aiace, verranno portati sul palco: numerosi resti di animali morti e simboli funerari tra cui diverse bare. Solo dopo il calar delle sera, si scoprirà che dietro l’immenso drappo insanguinato, si nascondeva un grande teschio con una spada conficcata in petto, a rappresentare il cadavere dell’eroe. Più che uno scheletro umano sembra essere, a causa delle sproporzionate dimensioni, quello di un gigante. Le dimensioni scelte, non sono casuali, Bovey ha voluto simboleggiare l’immenso peccato di Aiace: un semplice eroe che vuole “farsi grande”, ancora più grande degli dei.
Commovente la decisione del registra-protagonista di coinvolgere la sua dolce e piccola figlia Arianna Micheletti Balbo. La piccola, interpreta il ruolo di Eurisace, figlio di Aiace e Tecmessa. Il pubblico ha potuto assistere a uno dei dialoghi più commoventi della tragedia: in cui l’eroe, prima del suicidio, saluta per sempre il suo amato figlio. I momenti di commozione per il pubblico non sono finiti qua: egregia è stata la messa in scena della morte di Aiace. Dopo la sua morte, l’eroe dialogherà con il suo stesso scheletro. In scena però non è solo, accanto a lui Lidia Carew, che con movimenti sinuosi, danzerà attorno all’eroe e prima di uscire si abbandonerà ad un bacio appassionato con il solitario Aiace. Inizialmente la scena potrebbe passare anche inosservata, ma un attento occhio critico potrà scorgere in essa il connubio perfetto fra erotismo e morte.
C’era da aspettarselo da Micheletti, baritono di fama internazionale, la costante presenza di danze e musiche. Ad affascinare e commuovere il pubblico ci ha pensato il grande maestro Giovanni Sollima, violinista e compositore italiano. La musica ha accompagnato i protagonisti per tutta la durata dello spettacolo. Riuscendo a coinvolgere emotivamente tutti gli spettatori. Affiancando la recitazione attraverso: interventi di violoncello, flauto, tromba, arpa e di un clarinetto che si aggirava tra il coro. La musica diventa protagonista indiscussa durante il compianto della morte di Aiace. I pianti dei compagni si fonderanno con musiche e danze. Trasformandosi pian piano in canti e belati di pecore, che piangeranno contemporaneamente la loro tragica morte e il suicidio dell’eroe.
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