In Sicilia sorgerà il più grande parco fotovoltaico d'Italia: il Fenix. Il progetto porterà alla creazione di 500 posti di lavoro. Quali sono i rischi e i benefici?
Il più grande parco fotovoltaico d’Italia verrà costruito proprio in Sicilia. Ad oggi l’impianto solare più esteso si trova in Puglia, più precisamente in provincia di Foggia: si parla di circa 275mila pannelli solari, che si estendono su una superficie di 1,5 chilometri quadrati. Per intenderci, uno spazio che equivale a circa 200 campi da calcio. Il prossimo parco solare che verrà costruito in Sicilia sarà il doppio di questo e si chiamerà Fenix.
Il progetto Fenix comprenderà una distesa con oltre 425 mila moduli fotovoltaici, sufficienti per soddisfare il fabbisogno di 150 mila famiglie italiane. Con la costruzione di questo nuovo campo fotovoltaico si riuscirebbero a risparmiare circa 119.000 tonnellate di CO2. Il progetto ambizioso nasce dall’accordo fra la multinazionale spagnola Iberdrola e la tedesca IB Vogt: una unione di forze che darà alla luce il più grande parco solare in Italia, con una capacità di 245 MW.
L’Iberdrola in passato ha già operato in territorio italiano. Infatti, nel 2022, ha messo in funzione il suo primo impianto fotovoltaico da 23 MW a Montalto di Castro, nel Lazio. Nella stessa regione, nel 2023, la società ha completato il suo secondo impianto solare da 7 MW a Montefiascone e ha iniziato la costruzione di un altro impianto solare da 32 MW a Tarquinia. Dall’accordo emergeranno anche benefici tangibili in termini occupazionali: durante la fase di costruzione si prevede la creazione di 500 posti di lavoro, mentre nella fase operativa si stima che ne saranno generati oltre 100.
Negli ultimi anni il Sud Italia si sta ricoprendo di distese infinite di pannelli solari. Il motivo di questa accelerata costruzione risiede nel voler eliminare il fossile. Nel 2022, secondo gli studi condotti dalla Energy Institute, in Italia si è consumata una quantità di energia pari a 1.706,79 TWh di cui 1.423,47 proveniente dal fossile e 283,31 dal rinnovabile. Quindi, in percentuale: 83,4% dell’energia proviene dal fossile e il 15,88% del rinnovabile. Inoltre, secondo i dati dell’Ispra, nel 2021 le emissioni totali di CO2 raggiungevano i 418 milioni di tonnellate, una cifra altissima. Ma investire sulle rinnovabili potrebbe permettere di emetterne sempre meno. Solo 2023, grazie alle rinnovabili, si è osservata una riduzione delle emissioni di CO2 dell’8%.
In Puglia nel settembre del 2023 gli impianti fotovoltaici a terra occupavano più di 4 mila ettari di superficie. Prima solo alla Sicilia, con un’area di 1615 ettari occupati e al Lazio con 1585 ettari occupati. Osservando la distribuzione degli impianti a terra nel nostro paese: quelli che generano più potenza sembrano concentrarsi nelle zone più pianeggianti del centro Italia in Puglia e nelle isole. Questo non significa che al Nord non ci siano impianti fotovoltaici. Infatti, secondo il report del GSE nel 2022 la Lombardia, il Veneto e l’Emilia Romagna erano le regioni con il maggior numero di impianti residenziali.
Ma per costruire i grandi campi fotovoltaici di cui ha bisogno l’Italia, è necessario rispettare il decreto aree idonee, secondo il quale si deve quindi, tener conto di svariati criteri geografici e di tutela del patrimonio culturale e paesaggistico del paese. Inoltre i parchi fotovoltaici hanno necessariamente bisogno di molto spazio pianeggiante e devono essere installati in zone soleggiate e preferibilmente poco abitate. Ed è questo uno dei motivi per cui le multinazionali preferisco investire nelle regioni del Sud.
Parlando di fotovoltaico, senza ombra di dubbio, si deve discutere dell’esproprio per pubblica utilità dei terreni agricoli. Quindi, dell’acquisizione forzata dei terreni degli agricoltori, dietro un compenso economico. Ma su quasi 12,8 milioni di ettari disponibili la percentuale di terreni agricoli occupati dai pannelli solari e solo dello 0,13%, cioè circa 16 mila ettari. Il problema dell’esproprio non si porrebbe se si decidesse di dedicare alle rinnovabili tutti i terreni agricoli incolti o abbandonati, che in Italia ammontano a 3,5 milioni di ettari. Un’altra alternativa sarebbe quella di adoperare l’agrivoltaico, dei pannelli di seconda generazione con cui si riescono ad integrare diverse attività agricole.
La maggior parte dei pannelli solari che si hanno in Occidente vengono prodotti in Cina, e il fatto che vengano da così lontano fanno naturalmente aumentare l’impatto ambientale del pannello. Inoltre, l’ingrediente principale del pannello fotovoltaico è il silicio. La sua lavorazione richiede parecchia energia, che proviene in gran parte dei combustibili fossili, altamente inquinanti. Ma nel corso della sua vita il pannello, non solo produrrà più energia di quella che è stata utile a produrlo, ma lo farà senza inquinare. Oltre al silicio, c’è un’altra materia prima: il litio. L’estrazione di litio però comporta ad oggi problemi etici e ambientali. Si parla di un pesante sfruttamento delle saline del Sud America e di alcune miniere dell’America del Nord.
Ma è sempre necessario guardare l’altro lato della moneta: eliminando i combustibili fossili si aiuterà l’Italia a raggiungere una indipendenza energetica. Inoltre il continuo utilizzo massiccio di fossili, porterà ad una minaccia ancora più grave delle condizioni ambientali e climatiche del nostro Paese. Il fotovoltaico ad oggi si presenta come portavoce di un futuro più verde sicuro ed economicamente accessibile.
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