Il suicidio della studentessa 32enne avvenuto ieri, nei locali dell'Università di Catania, ha procurato un profondo dolore all'intera città. Purtroppo, però, non si tratta di un raro fenomeno; i casi in Italia sono infatti numerosi ed il malcontento generale di chi è iscritto all'università è alto.
Ieri, 9 aprile 2024, una studentessa universitaria si è tolta la vita lanciandosi dal settimo piano di un edificio del Policlinico di Catania, sede di alcune attività della facoltà di medicina. La ragazza studiava proprio là ed è da quel locale che ha deciso di compiere il gesto estremo. Le cause che l’hanno spinta a farlo sono ancora in fase di accertamento, anche se i motivi esatti, ovviamente, non si potranno mai sapere.
Purtroppo, la studentessa originaria di Santa Maria di Licodia non è la prima universitaria a decidere di porre fine alla sua vita. Negli anni, infatti, sono successi diversi episodi analoghi, anche di ragazzi frequentanti l’Ateneo catanese. Non si tratta dunque di un fenomeno isolato, ma di qualcosa che, tristemente, accade troppo spesso in tutta Italia e non solo.
Il 28 marzo 2018, a Messina, una ragazza ha tentato il suicidio lanciandosi dal quarto piano di una palazzina. Nello stesso periodo, un 26enne si è sparato all’Università Roma Tre un colpo in testa, davanti ai suoi colleghi. Nell’aprile 2018, una ragazza di 25 anni originaria di Isernia non ha avuto il coraggio di dire che non aveva terminato gli esami e la tesi e per questo, il giorno della sua presunta laurea, è salita sul tetto di un edificio dell’Università Federico II di Napoli e si è buttata.
Ancora, a novembre 2020, uno studente iscritto al corso di Storia, politica e relazioni internazionali dell’Università di Catania si è tolto la vita a Ragusa. Nel dicembre 2021, un ragazzo piemontese di 24 anni ha tentato il suicidio; il presunto motivo? Non riusciva a confessare ai genitori il suo ritardo nel laurearsi.
I casi di suicidio nelle università italiane fanno dunque riflettere. Nonostante dietro un gesto estremo le cause siano diverse in ogni singolo caso, ciò che accomuna queste tragedie è una grande insoddisfazione, dovuta anche ad un sistema universitario forse troppo rigido, ma sicuramente pure ad un’attenzione alla salute mentale ancora sottovalutata. Quella che dovrebbe essere un’esperienza di formazione umana e professionale si rivela infatti in alcuni casi un percorso molto sofferto, che provoca ansia e panico in molti, ma in determinati casi come quelli citati persino pensieri estremi.
Nonostante la gioventù sia vista dalla maggior parte della gente come un periodo felice e spensierato, come riporta l’Istat sono proprio i più giovani ad avere livelli di benessere psicologico più bassi. I ragazzi nelle fasce di età tra 20 e 34 anni, infatti, come riportato dalle statistiche ufficiali hanno dimostrato di avere nel 2022 un livello di benessere mentale inferiore rispetto alle persone di 35-44 anni. Secondo lo studio, questo sarebbe legato al motivo che è proprio in questa fascia di età che si pensa di più al futuro, venendo trascinati da incertezze e preoccupazioni che, in questi ultimi anni, sono sempre più aumentate.
Come riporta uno studio condotto da Skuola.net, 6 studenti su 10 affermano che la fretta di arrivare alla laurea sia principalmente indotta dai propri genitori. Il 51% degli universitari, però, dice anche che la pressione arriva pure dai propri amici.
Gli ideali di un percorso universitario perfetto, esattamente in corso e con ottimi voti, accompagnato dalla visione negativa di ogni tipo di fallimento e delle bocciature a scuola e all’università, è inculcata dai media. Gli stessi media che suppongono che a 32 anni si sia fuoricorso e che ci sia un’età predefinita per finire gli studi o fare qualsiasi altra cosa. Questo spinge, sempre secondo lo studio di Skuola.net, più di 1 studente su 2 a mentire sull’andamento del proprio corso di studi, per non deludere le aspettative di amici e parenti.
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