Il 17 maggio, come ogni anno, ricorre la giornata mondiale contro l'omofobia e a tal proposito l'Istat ha reso noti alcuni dati relativi alle discriminazioni lavorative nei confronti delle persone LGBT+.
Il 17 maggio ricorre in Europa la giornata internazionale contro l’omofobia e la transfobia, un momento di riflessione per denunciare e lottare contro ogni forma di violenza morale, fisica o simbolica legata all’orientamento sessuale. Tale giorno è stato scelto su base storica poiché il 17 maggio del 1990 l’Organizzazione Mondiale della Sanità rimuoveva l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali nella classificazione internazionale delle malattie, specificando che non esiste nessuna devianza e nessuna patologia ma che l’orientamento sessuale fa semplicemente parte dell’identità di ogni essere umano.
L’omofobia è una forma di avversione ideologica o irrazionale nei confronti di omosessualità, bisessualità e transessualità e si presenta spesso sotto forma di pregiudizi, pensieri, sentimenti e comportamenti che possono anche sfociare in crimini o abusi sulle persone.
In molti ancora oggi rifiutano, stigmatizzano e denigrano ogni forma di identità, comportamento e comunità di tipo non eterosessuale. In una società in parte ancora tendenzialmente etero sessista come quella attuale è difficile riconoscere e sviluppare un positivo orientamento sessuale e poterlo svelare normalmente agli altri.
In molti stati dell’Unione Europea l’omofobia è equiparata al razzismo, all’antisemitismo, al sessismo e alla xenofobia e sono state create leggi per contrastare questo fenomeno. Soprattutto per gli individui che si trovano agli inizi della formazione della loro identità omosessuale, crescere in un ambiente sociale e familiare repressivo può portare ad interiorizzare sentimenti e pensieri negativi nei confronti dell’omosessualità e di se stessi.
Le discriminazioni lavorative su persone LGBT+ sono all’ordine del giorno e a tal proposito l’Istat e UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) presentano i principali risultati dell’Indagine sulle discriminazioni lavorative nei confronti delle persone LGBT+ (non in unione civile o già in unione) realizzata nel 2022.
L’indagine è stata rivolta a tutte le persone maggiorenni che si definiscono omosessuali e bisessuali, mentre un’altra indagine è dedicata alle persone transessuali.
Il 41,4% delle persone intervistate, occupate o ex-occupate, ha dichiarato che essere omosessuale o bisessuale ha rappresentato uno svantaggio nel corso della propria vita lavorativa in almeno uno dei tre ambiti considerati (carriera e crescita professionale, riconoscimento e apprezzamento, reddito e retribuzione).
Il 71,9% delle persone omosessuali o bisessuali intervistate dichiara di aver subito almeno un evento di discriminazione a scuola/università non necessariamente legato all’orientamento sessuale (es. origini straniere, aspetto esteriore, problemi di salute, convinzioni religiose o idee politiche, genere, etc.). Circa una persona su tre dichiara di aver subito almeno un evento di discriminazione nella ricerca di lavoro.
Il 61,2% delle persone occupate o ex-occupate riferisce, in relazione all’attuale/ultimo lavoro svolto, di aver evitato di parlare della vita privata per tenere nascosto il proprio orientamento sessuale; per la stessa ragione circa una persona su tre ha evitato di frequentare persone dell’ambiente lavorativo nel tempo libero.
Circa otto persone omosessuali o bisessuali intervistate su dieci hanno sperimentato almeno una forma di micro-aggressione in ambito lavorativo legata all’orientamento sessuale. Per micro-aggressione si intendono brevi interscambi ripetuti che inviano messaggi denigratori ad alcuni individui in quanto facenti parte di un gruppo, insulti sottili diretti alle persone spesso in modo automatico o inconscio.
Il 33,3% delle persone intervistate, occupate o ex-occupate in Italia, afferma di aver sperimentato un clima ostile o un’aggressione nel proprio ambiente di lavoro, non necessariamente legati all’orientamento sessuale.
Il 74,5% delle persone omosessuali o bisessuali intervistate ha evitato di tenersi per mano in pubblico con il partner dello stesso sesso per paura di essere aggredito, minacciato o molestato.
Le offese legate all’orientamento sessuale ricevute via web riguardano il 31,3% dei rispondenti. Escludendo episodi avvenuti in ambito lavorativo, l’11,7% afferma di aver subito, negli ultimi tre anni, minacce e l’8,8% aggressioni violente per motivi legati all’orientamento sessuale.
Dunque, ad oggi l’omofobia è ancora presente in forme di violenza abbastanza gravi. Molti ne soffrono perché vengono discriminati sotto ogni punto di vista.
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