Profugo, rifugiato o richiedente asilo? Ecco spiegata la differenza tra questi termini, spesso utilizzati come sinonimi in occasione della giornata mondiale del rifugiato.
Profugo, rifugiato o richiedente asilo? I termini elencati sono spesso usati in maniera errata o inconsapevolmente come sinonimi perché non si è a conoscenza delle differenze che intercorrono tra di essi. Infatti, sebbene ognuna di queste parole abbia un filo conduttore comune, vale a dire riferirsi ad una persona in condizione di necessità di aiuto, le motivazioni che permettono di definire un essere umano con uno di questi termini rispetto ad un altro sono varie e differenti tra loro.
A tal proposito, per poter avere una migliore comprensione della situazione di una persona in condizioni di necessità e per poter utilizzare al meglio i termini corretti per riferirsi ad una specifica circostanza, è bene comprendere quali sono le definizioni di ogni singolo termine e rispondere alla domanda “profugo, rifugiato o richiedente asilo: qual è la differenza?”.
Il primo dei termini che è necessario attenzionare è “profugo”. Questa parola è molto particolare in quanto è un termine generico che può essere utilizzato per più situazioni e non per una specifica condizione. Infatti, secondo quanto riportato dal Dizionario Treccani, questa parola si riferisce ad una “persona costretta ad abbandonare la sua terra, il suo paese, la sua patria in seguito a eventi bellici, a persecuzioni politiche o razziali, oppure a cataclismi come eruzioni vulcaniche, terremoti, alluvioni”. Inoltre, nel caso di eventi naturali si usa più comunemente il termine “sfollato”, anche se utilizzare la parola “profugo” non rappresenta un errore.
Quindi, il termine “profugo” definisce genericamente e in maniera neutra una persona che effettua uno spostamento forzato da un luogo ad un altro, senza specificare quale sia la ragione del trasferimento. Tuttavia, esso non va confuso con l’altrettanto termine generico “migrante” che, sebbene anch’esso indichi uno spostamento di una persona verso nuovi orizzonti senza specificarne la ragione, implica anche una differenza importante. Infatti, la condizione stessa di profugo è data dallo spostamento forzato, e non da un più comune trasferimento volontario che può essere quello del migrante, nonostante spesso la differenza sia rappresenta da una linea molto sottile.
Il discorso diventa più complesso quando si cerca di definire la parola “rifugiato”. Come evidente dal termine stesso, si tratta di una persona che si sposta verso una nuova posizione in cerca di un luogo sicuro. Chiaramente, lo stesso profugo ha un obiettivo molto simile e quindi questa motivazione non può rappresentare la discriminante tra i due termini. La differenza nell’uso del termine “rifugiato” è prevalentemente legata all’ambito di uso.
Infatti, sebbene la parola sia entrata a pieno titolo nel linguaggio comune, essa è impiegata al vocabolario del diritto internazionale. Quindi, per meglio comprendere chi è un rifugiato è bene fare riferimento alla Convenzione di Ginevra del 1951, trattato internazionale nel quale viene definito lo statuto dei rifugiati. Nel documento, la definizione di “rifugiato” riguarda chiunque nel “giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; oppure chiunque, essendo apolide e trovandosi fuori dei suo Stato di domicilio in seguito a tali avvenimenti, non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi”.
Questo significa che, in generale, la condizione di fuga da una guerra non è una ragione che permette di definire una persona come rifugiato. Inoltre, è importante specificare che lo status di rifugiato si ottiene formalmente solo dopo che la domanda di richiesta di protezione internazionale è stata accettata. Infine, nel linguaggio comune è facile sentire la parola rifugiato associata ad altri termini che la definiscono e la rendono ancora più precisa. È il caso di “rifugiato politico” o “rifugiato ambientale”, facendo riferimento nel primo caso ad una persona che fugge dal proprio Paese per ragioni politiche, mentre nel secondo caso ad un essere umano costretto a spostarsi dalla propria terra in seguito ad eventi naturali che lo hanno reso uno “sfollato”.
Ultimo caso evidenziato è quello del “richiedente asilo”. Per poter utilizzare correttamente questa espressione, è bene sapere che essa definisce una specifica fase vissuta da una persona che ha effettuato uno spostamento. Infatti, il richiedente asilo non è altro che un essere umano che si trova in un Paese differente da quello d’origine e ha fatto richiesta di protezione internazionale senza aver ancora ricevuto una risposta definitiva a riguardo. Ciò significa che il richiedente asilo è lo step immediatamente precedente alla condizione di rifugiato, anche se è importante specificare che l’esito positivo della richiesta di protezione internazionale non è scontato. Anche in questo caso vi è una differenza d’uso a seconda dell’ambito: infatti, se il termine viene impiegato in un contesto giuridico-legale, è comune utilizzare la più esaustiva espressione “richiedente protezione internazionale”.
In ogni caso, come detto in apertura, l’elemento comune esistente tra questi termini è che ognuno di essi fa riferimento a delle persone che si trovano in uno stato di necessità di aiuto, e che spesso si trovano obbligate a separarsi dai propri affetti e luoghi d’origine per cause da loro indipendenti. È per questa ragione che si è sentita la necessità di istituire una giornata dedicata ai rifugiati e che molte città sentono di dover esprimere la loro solidarietà alla causa, partecipando simbolicamente illuminando i propri monumenti più importanti e sensibilizzando i cittadini su una questione che ha da sempre un’importanza fondamentale.
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