I laureati catanesi avrebbero uno spiccato senso d'impresa: è quanto emerge da uno studio di Almalaurea, che monitora le nuove start up create da neolaureati.
Una laurea all’Università di Catania sembrerebbe aprire una strada verso le attività imprenditoriali. È quanto emergerebbe dal Rapporto 2020 “Laurea e Imprenditorialità” pubblicato dal Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea, nato dalla collaborazione con il Dipartimento di Scienze aziendali dell’Università di Bologna e Unioncamere, un primo studio sui laureati in Italia che ha come obiettivo quello di fornire un’analisi dettagliata e completa del fenomeno dell’imprenditorialità post-accademica in Italia.
I laureati catanesi, quindi, sarebbero orientati verso il mondo imprenditoriale. Secondo il report, infatti, sarebbero ben 8.360 le imprese fondate dai laureati etnei che hanno conseguito il titolo tra il 2004 e il 2018 nell’Ateneo catanese, con una buona presenza di “quote rosa” (oltre il 47%) e quasi tutte (il 95,7%) con sede al Sud.
I “fondatori di impresa”, inoltre, sarebbero 7.188, mentre i “joiner”, ossia coloro che hanno acquisito quote di capitale sarebbero 1.733.
L’8,4% dei laureati (pari a 7.188 su 85.285 laureati tra il 2004 e il 2018) sarebbe un fondatore di impresa. Una percentuale che si mostrerebbe ben più alta rispetto al dato nazionale pari al 7,1% (205.137 su quasi 2milioni 900mila laureati).
Tra i laureati fondatori il 52,8% sarebbe rappresentato da uomini, mentre il 47,2% da donne (dato leggermente superiore a quello nazionale, 46,1%). I gruppi disciplinari più rappresentati sarebbero quelli economico-statistico (16,3%, leggermente inferiore al dato nazionale pari al 18,1%), politico-sociale (15,2%, +1% sul dato nazionale) e ingegneria (9,9%, +1,3%). Bene anche il “gruppo” di agraria con 7,8% (+4,1% sul dato nazionale) e chimico (4,6%, +2,2%).
Il 41,5% dei fondatori avrebbe creato la propria impresa prima di conseguire la laurea (il 29,7% durante gli studi universitari), il 24,7% entro il terzo anno dalla laurea, il 33,8% dopo il terzo anno dalla laurea.
Si parla di imprese “made in Catania” in senso stretto, visto che il 95,8% avrebbe sede proprio nell’Isola, dato ben superiore rispetto a quello nazionale (75%). L’85,3% dei fondatori avrebbe avviato una sola attività imprenditoriale, mentre il 14,7% sarebbe un “fondatore seriale” , con all’attivo diverse imprese.
I “joiner” etnei, ovvero coloro che hanno acquisito una quota di capitale in impresa, sarebbero 1.733. Un dato leggermente più basso rispetto al complesso nazionale, pari a una quota del 2,3% corrispondenti a 66.098 laureati.
Tra i laureati joiner etnei gli uomini rappresenterebbero il 52,3% (+1% sul dato nazionale), mentre le donne il 47,7% (flessione di un punto percentuale rispetto al dato nazionale). Il 43,2% avrebbe una laurea di primo livello, mentre il 56,8% una laurea di secondo livello. I gruppi disciplinari più rappresentati sarebbero economico-statistico (17,9%, -2,5% sul dato nazionale), politico-sociale (14,9%, +2,6% rispetto al nazionale) e ingegneria (12%, +1%). Bene anche il “gruppo” giuridico (11,3%, +0,7%), letterario (5%, anche se con un -2,2% sul nazionale) e agraria (4,8%, +2,5% sul nazionale).
Il 40,9% avrebbe acquisito una quota in impresa prima del conseguimento della laurea, mentre il 59,1% dopo la laurea. Anche in questo caso si investe in Sicilia: il 95,7% avrebbe acquisito una quota di capitale in un’impresa del territorio regionale (il dato nazionale si attesta sul 74,2%).
Nel complesso i laureati etnei avrebbero fondato 8.360 imprese di cui il 95,7% con sede al Sud, un dato decisamente più alto rispetto a quello nazionale, il 39,5%). Il 66,4% sarebbe una ditta individuale, il 22,7% una società di capitale e il 10,9% una società di persone.
Considerando le società di capitale fondate tra il 2013 e il 2019 il 4,3% sarebbe una start-up innovativa. Le imprese femminili sarebbero il 39,3%, una percentuale più alta di 1,3 punti rispetto al dato nazionale.
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