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Coronavirus, il sindacato: “Morti 260 medici, numero più alto in Europa”

Pina Onotri, segretario generale del Sindacato medici italiani, ha scritto una lettera aperta al Premier Conte per sottolineare un tragico fenomeno. Ad oggi, sono 260 i medici morti da inizio pandemia: il numero più alto in Europa.

Il Coronavirus avrebbe ucciso in Italia 260 medici: è quanto denunciato, per mezzo di una lettera aperta, da Pina Onotri, segretario generale del Sindacato medici italiani e medico di famiglia di Roma.

La donna avrebbe, di fatto, scritto alcune parole direttamente al Premier Giuseppe Conte con lo scopo di evidenziare il numero elevato di medici deceduti in Italia dallo scorso marzo, mese di inizio pandemia.

“Ci sono stati 260 medici morti in Italia, il numero più grande in Europa. Una catastrofe a cui rispondere. Abbiamo scritto presidente del Consiglio Giuseppe Conte perché ci preme portare alla sua attenzione l’elevato numero dei medici deceduti in Italia nell’esercizio della professione, quasi due medici al giorno. Ogni giorno. Una cifra esorbitante se rapportata ad altri paesi d’Europa. In Francia 50 (di cui 5 ospedalieri) 22 sanitari in Germania, 36 in Inghilterra , in Spagna 70 (a luglio erano 61, mentre in Italia eravamo già a quota 178).

Qualcosa – continua Onotri – non ha funzionato nella prima ondata della pandemia, dove siamo stati colti tutti di sorpresa, e continua a non funzionare oggi, nonostante avremmo dovuto essere più preparati. La conclusione a cui si giunge è che si continua a lavorare non in sicurezza, considerando che abbiamo più vittime tra coloro che svolgono attività ordinaria piuttosto che tra coloro che lavorano nei reparti di malattie infettive. La metà delle vittime è rappresentata dai medici di medicina generale (medici di famiglia, guardie mediche, medici del 118) quei medici che l’informazione, anche istituzionale, etichetta come nullafacenti, restii rispetto al loro dovere, recalcitranti dinanzi alla loro mission.

Si riesce ad immaginare quanto tutto questo possa essere doloroso per tutti quei medici che da marzo scorso stanno stringendo i denti per cercare di dare una risposta a tutti i loro pazienti, siano essi affetti da Covid o meno, rinunciando anche ai riposi, sacrosanto diritto per ogni lavoratore, con una disponibilità 7 h su 7 12 h al giorno, disponibilità imposta per legge, sacrificando sé stessi e le proprie famiglie? – aggiunge Onotri. – Vorrei ricordare che il 60% della professione è rappresentato da donne, che continuano ad essere impegnate in prima linea nella lotta alla pandemia e nel contempo continuano ad essere occupate nelle pratiche di accudimento (figli minori, genitori anziani) con tempi di conciliazione che non hanno più nulla di umano, vittime, esse stesse, di una situazione grave che sicuramente genera ansia per la propria salute e per quella dei propri cari.

Si può immaginare – si legge nella lettera di Pina Onotri – l’effetto devastante che una campagna mediatica denigratoria nei confronti dei medici può avere sui familiari dei morti? Dei nostri morti? Familiari a cui non viene riconosciuto alcun indennizzo perché i medici di medicina generale sono liberi professionisti. Liberi professionisti a cui non si esita a dare ordini di servizio, fino a decidere che non hanno diritto neanche ad un giorno di riposo. Liberi professionisti a cui non si riconosce la dignità di lavoratori. Neanche da morti. Non richiamiamo qui il problema di tutto il personale sanitario contagiato. Circa 30mila nel solo mese di ottobre.

Auspichiamo che le decisioni prese per contrastare la pandemia tengano conto del grido di dolore degli operatori sanitari, ormai allo stremo delle forze, mandati in trincea a volte senza mezzi o con mezzi insufficienti. Non siamo eroi, ma non vogliamo essere neanche imputati, additati come responsabili di inefficienze e disorganizzazione che non dipendono da noi. 

Non pretendiamo gratitudine o ringraziamenti,– conclude Onotri – ma chiediamo tutele e il doveroso rispetto che uno Stato dovrebbe avere nei confronti dei suoi “caduti”, nei confronti di coloro che ogni giorno onorano il giuramento che hanno prestato, anche a costo della vita”. 

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