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La storia del cannolo siciliano: dalle origini saracene al volo nello spazio

Alla fine di un tipico pranzo domenicale in famiglia, non è raro che venga messo in tavola un vassoio pieno di cannoli. Questo dolce, mostro sacro della tradizione siciliana, non passa mai di moda: ma a quando risalgono le sue origini?

Alla ricotta, alla crema o al cacao, scomposto o decorato da una pioggia di granella di pistacchio: il cannolo siciliano, con le sue mille varianti, è una bontà conosciutissima ed apprezzata in ogni parte del globo. Dolce di ogni pranzo domenicale o festività che si rispetti, non può mancare, posto nel suo immancabile vassoio, nelle tavole dei siciliani.

Ma questo dolce, in continua evoluzione di pari passo coi tempi, ha sempre fatto parte della tradizione dell’Isola? Strano ma vero, esso ha molto in comune con la tradizione culinaria araba; e, sebbene non si conosca la reale origine della prelibatezza così come la conosciamo oggi, sempre più studi la attribuiscono agli arabi, che dominarono la Sicilia tra l’827 e il 1091 d.C.

Cicerone e il “tubus farinarius dulcissimo”

Il primissimo riferimento ad un “tubus farinarius dulcissimo edulio ex lacte fartus” arriva a noi dall’epoca romana, dagli scritti, secondo quanto sostenuto dal Duca Alberto Denti di Pirajno nel suo libro Siciliani a tavola, di Marco Tullio Cicerone: quest’ultimo, infatti, fu questore di Marsala tra il 76 e il 76 a.C. Probabilmente, dunque, ai tempi della dominazione romana, si preparava già un dolce simile, composto, secondo quanto spiegato da Cicerone, di miele, mandorle e ricotta. Saranno però i saraceni a darvi la forma e il sapore che oggi conosciamo.

L’origine saracena del cannolo siciliano

Si racconta che la ricetta odierna del cannolo siciliano sia stata preparata dalle consorti che vivevano nell’Harem del Castello delle donne, situato nell’attuale Caltanissetta. Le giovani, stanche per l’attesa di una visita da parte degli emiri saraceni alle quali erano legate, rivisitarono la ricetta descritta da Cicerone; la scelta della forma, invece, sarebbe da attribuire ad un omaggio da parte delle donne alla virilità maschile.

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In effetti, nella tradizione culinaria araba, esistono ancora oggi dolci dal preparato molto simile a quello dei cannoli siciliani. Un esempio sono le cosiddette Dita di Zeinab, il cui impasto ricorda il sapore della pasta croccante dei cannoli. Dolce tipico durante il periodo del Ramadan, si compone perlopiù di farina, zucchero e semolino, bagnati infine in uno sciroppo composto di acqua, zucchero e succo di limone.

Ma perché i cannoli, o qanawāt, dopo la fine del dominio arabo in Sicilia, non sparirono? L’ipotesi più quotata è quella per la quale qualcuna delle donne presenti nell’Harem non sia voluta andare via dall’Isola, convertendosi al cattolicesimo e ritirandosi ad una vita monastica. Ecco perché la ricetta andò diffondendosi, fino a diventare un dolce tipico prima nei giorni carnevaleschi e poi presente nella vita di ogni giorno.

I cannoli siciliani oggi

Il cannolo siciliano non ha mai smesso di trasformarsi. Questo dolce tipico della tradizione siciliana, infatti, si adegua ai tempi e alle mode: basti pensare alla versione “scomposta”, molto in voga come dopocena nei ristoranti. Si lavora sempre di più, inoltre, per renderlo “perfetto”, più di quanto non lo sia già: alla fine dello scorso anno, è nato a Palermo “Ruggero”, il cannolo che non rammollisce dopo essere stato farcito.

Il cannolo siciliano, infine, è anche andato nello spazio: con il Sicilian Space Program, i giovani Paolo Capasso, Antonella Barbera e Fabio Leone hanno lanciato, nel 2014, da Enna, un pallone sonda contenente una riproduzione in FIMO del tipico dolce. Arrivato fino a quasi 30.000 metri dal suolo, il “cannolo stellare” è poi rientrato, atterrando a non troppa distanza dal punto di lancio.

Questo dolce tradizionale, dunque, non smette di sorprendere, arrivando perfino ad uscire, per poco, dalla Terra. Ricotta, crema, cioccolato, chi più ne ha, più ne metta: il cannolo siciliano, il cui dolce sapore meraviglia sin dai tempi dell’antica Roma, riuscirà a saziare anche i palati più difficili, regalando un vero e proprio momento di goduria mangereccia.

A proposito dell'autore

Cristina Maya Rao

Classe '97, frequenta il corso di Laurea Magistrale in Scienze del Testo per le Professioni Digitali. Ama parlare di storia e cultura siciliana, ma anche di musica, arte, astronomia ed eventi: mentre scrive, impara sempre qualcosa di nuovo.