Secondo un recente articolo di VICE, alcune università utilizzano dei software per sorvegliare gli studenti durante gli esami scritti online. Si tratterebbe di programmi che attraverso la webcam monitorano automaticamente il comportamento degli studenti, controllando anche quali programmi vengono avviati nei PC o, addirittura, bloccandoli.
Al termine dell’esame, il programma produce un report finale in cui vengono calcolati tramite un algoritmo i possibili casi di copiature, permettendo così al docente di avere una sintesi finale. Si tratta prevalentemente di plug-in che si aggiungono ai consueti sistemi utilizzati per gli esami online, svolgendo la funzione di “e-protectoring“. Tra questi, alcuni sono ProctorExam, Safe Exam Browser, SMOWL CM, Proctorio, Proctortrack e LockDown Browser.
In questo modo, se da un lato non sarebbe necessario trasformare gli scritti in esami orali, dall’altro si pongono inevitabilmente problemi di privacy e situazioni di disagio per gli studenti, sotto il costante controllo dell’occhio elettronico e col pericolo che l’algoritmo possa considerare un comportamento “sospetto”, come uno starnuto, un tentativo di copiare, penalizzando così gli universitari.
Non si tratta, inoltre, di un sistema preso in considerazione da pochi atenei. Anzi, secondo Motherboard di VICE, sono queste le università italiane che hanno utilizzato o almeno testato o preso in considerazione l’e-protectoring:
- Università degli studi di Modena e Reggio Emilia;
- Università degli studi di Urbino “Carlo Bo”;
- Università Cattolica del Sacro Cuore;
- Università degli studi “G. d’Annunzio” di Chieti e Pescara;
- Politecnico di Torino;
- Università di Trento;
- Università degli studi di Padova;
- Università degli studi di Ferrara;
- Università degli studi di Torino;
- Università degli studi di Milano.
Al momento, conferma Motherboard, il Garante sulla Privacy non ha ancora espresso un parere sull’utilizzo di strumenti simili per la didattica a distanza. Tuttavia, tra i problemi di cui si lamentano gli studenti, oltre ai dubbi sulla privacy, c’è la mancanza di comunicazione col docente, con alcuni universitari bocciati perché avrebbero avuto dei problemi tecnici con le immagini nel corso dell’esame.
Tra gli aspetti che denuncia l’associazione studentesca alter.POLIS, la pressione psicologica che subiscono gli studenti, ma anche gli oneri economici per chi non possiede webcam e microfono idonei, o la necessità di fornire qualunque tipo di assistenza.
Infine, l’utilizzo e la condivisione dei dati personali raccolti da questi software rende ancora più preoccupante la situazione. Nei termini di utilizzo di Respondus, il programma utilizzato dal Politecnico di Torino, si legge che campioni di registrazioni video e audio possono essere raccolti e condivisi “con ricercatori (istituti di ricerca e/o esperti biometrici) sotto contratto con Respondus per fornire assistenza in tale ricerca”. Gli stessi campioni possono essere conservati per un massimo di cinque anni, anche se le università possono stipulare un contratto con termini di conservazione di minore durata.
Non si tratterebbe, inoltre, degli unici dati raccolti dal software. Tra gli altri, anche l’orario esatto in cui viene data una risposta; quanto tempo viene dedicato a ciascuna domanda d’esame; la qualità della connessione Internet; e attività del mouse, della tastiera e dello schermo