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Rifiuti Zero Sicilia contro gli inceneritori: “Così non si realizza l’economia circolare”

rifiuti
Foto archivio
L'associazione Rifiuti Zero Sicilia ribadisce la sua posizione contraria all'utilizzo dei termovalorizzatori nell'Isola, affermando la necessità di una riprogettazione industriale e l'utilizzo ripensato delle risorse.

In un comunicato a firma di Rossano Ercolini, Goldman Environmental Prize nel 2013 e presidente di Zero Waste Europe, e di Manuela Leone, presidente di Rifiuti Zero Sicilia, l’associazione Rifiuti Zero Sicilia interviene sul tema della raccolta rifiuti nell’Isola, rigettando l’ipotesi dell’utilizzo dei termovalorizzatori come sistema integrato per raggiungere la sostenibilità ambientale e proponendo un’economia circolare che apra gli spazi alla concorrenza e si adatti a nuove soluzioni ecologiche. La raccolta rifiuti in Sicilia, denuncia l’associazione, è vittima di profonda inefficienza ed inefficacia programmata, mancanza di pianificazione e trasparenza.

Inoltre, citando una recente relazione della commissione antimafia, si registrano in Sicilia predominanza di interessi illeciti e privati con alto tasso di infiltrazione mafiosa e/o di cultura mafiosa nella gestione della cosa pubblica, con quasi totale assenza di impiantistica pubblica, di investimenti ed attrattori per la creazione di nuova economia circolare. Proprio per questo, quindi, secondo l’associazione, in Sicilia il ciclo dei rifiuti non può essere chiuso, perché ancora bisogna aprirlo alla concorrenza.

“Rivestire le teorie inceneritoriste con il bel vestito “alla moda” dell’economia circolare è un sottocaso di greenwashing malcelato che cozza inesorabilmente con le proprie stesse premesse “rigenerative”. Come può un sistema ecosostenibile capace di rigenerarsi in equilibrio e autonomia andare a nozze con incenerimento o termovalorizzazione?”, si chiedono, facendo riferimento a un articolo apparso recentemente su LiveUnict in cui la soluzione veniva prospettata per smaltire il rifiuto non riciclabile e lo scarto del riciclo.

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“Il modello lineare di gestione degli scarti, “produci, consuma, dismetti” rappresenta il modello economico dall’alba della rivoluzione industriale sino ad oggi – continuano -. Una linearità che porta dalla estrazione, raccolta di materie prime, produzione, consumo, post-consumo in discariche o inceneritori con distruzione definitiva di materia e sua dignità. Così, in un pianeta finito l’uomo consuma all’infinito in modo cosiddetto lineare. Questo modello oltre a non essere più economicamente ed ambientalmente sostenibile è oggi folle da continuare a programmare. La stessa UE per quanto concerne finanziamenti ad opzioni di trattamento dei rifiuti, vuole sia data priorità alla prevenzione, riutilizzo, raccolta differenziata, riciclo. Così recitano le conclusioni della comunicazione della Commissione al Parlamento del 26/01/2017″.

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Nel fare un paragone tra l’economia circolare e l’utilizzo dei termovalorizzatori come alternativa allo smaltimento in discarica del rifiuto non differenziabile, Rifiuti Zero Sicilia parla della necessità di ripensare completamente il processo di gestione. A tal proposito, viene auspicata la ri-progettazione industriale e l’utilizzo ripensato delle risorse, ragionato a monte e non a valle affinché la “materia” riacquisti dignità ed il processo diventi “rigenerativo”.

Rifiuti in Sicilia: le proposte dell’associazione

Riprogettazione e riutilizzo, affermano, sono cardini non più solo della Strategia Internazionale Rifiuti Zero ma degli stessi principi dell’Economia circolare. La materia diventa così rinnovabile e si compie il passo oltre la miopia del riciclo del rifiuto, già nella progettazione dei beni. La materia rinnovabile, e non la materia incenerita, è la base dell’economia circolare. “L’incenerimento – aggiunge l’associazione – è la materia che sparisce per sempre dalla faccia del pianeta: non nobilita nessun processo e nel 2020 è falsa innovazione. Né tanto meno l’incenerimento può essere considerato una fonte energetica verde poiché non rinnovabile. Con le discariche e/o con l’ incenerimento è solo l’economia “dei pochi e dei soliti” a circolare!”.

In Sicilia, spiegano, da anni si tenta di fare questo salto frutto di miopi visioni conservative e retorica dell’innovazione, poiché rimane immutato il paradigma dell’attuale gestione dell’ambiente.  La Sicilia è ancora vittima delle “trappole del non sviluppo”, attorno ad equilibri di arretratezza risultato delle scelte consapevoli delle classi dirigenti locali.Una terra condannata, in questa logica, ad un percorso di declino inesorabile verso il baratro, complici visioni tecnocratiche ingegneristiche e piccolo cabotaggio corporativo, incapace di assolvere al ruolo di selettore di decisioni lungimiranti e innovative – aggiungono subito dopo -. Emblematici i malfatti bandi per la gestione dei rifiuti del Comune di Catania andati deserti cinque volte in quattro anni, che fanno della città etnea insieme a Palermo, simbolo di inefficienza e incapacità di riconvertire il sistema.

Ieri seppellire, oggi bruciare rifiuti-risorse rappresenta economicamente la rendita per i soliti noti a scapito della maggior parte del popolo siciliano, il quale invece, andrebbe incentivato dall’apertura di varchi all’innovazione così da poter essere protagonista della grande rivoluzione economica e sociale legata al concetto di economia circolare, migliore anche in termini di occupazione lavorativa scaturente da una filiera diffusa. O forse in questa regione non abbiamo bisogno di sviluppo occupazionale? In Sicilia, prima di chiudere il ciclo dei rifiuti, bisogna aprirlo!”.

In una nota risalente alla scorsa estate, l’associazione Rifiuti Zero Sicilia, aveva argomentato le sue posizioni all’assessore Cantarella, dichiarandosi contraria a un nuovo inceneritore che potesse prendere il posto della discarica a Catania. “Del resto, l’Italia è sempre di più esempio virtuoso di aperture alla vera innovazione – proseguono –, come accaduto a Treviso, Capannori, ma anche in città della Campania come Salerno, Benevento, Avellino; in popolosi comuni della provincia di Bari dove si raggiunge oltre l’80% di RD, ed in quasi tutta la Sardegna. Certo, porsi in questa direzione significa dotare il sistema di piattaforme per il riciclo e di una filiera di impianti di compostaggio sia aerobici che anaerobici“.

Per rafforzare questo approccio occorre inoltre passare alla tariffazione puntuale, giusto riconoscimento ai cittadini che riducono e differenziano gli scarti. Inoltre, occorre tendere a spezzare il “conflitto di interesse” tra chi possiede “gli impianti di smaltimento” e che ha ovviamente il core business in discariche ed inceneritori e chi punta sul recupero dei materiali (piattaforme ed impianti a servizio delle RD). “Mentre nel mondo si pensa a come tradurre in opportunità di sviluppo la riconversione green perché in Sicilia chi vuole e può investire in impiantistica ha interesse a farlo con impianti concepiti per abortire materia?“, concludono.