La Sicilia è spesso stata tristemente macchiata da delitti di mafia di figure scomode o anche di semplici innocenti. Lo stesso destino toccò a Mario Francese, giornalista investigativo vittima di Cosa Nostra: ecco la sua storia raccontata per il 95esimo anniversario della sua nascita, che ricorre il 6 febbraio.
“Uomini del Colorado, vi saluto e me ne vado!”. Così era solito salutare i colleghi il giornalista siciliano Mario Francese prima di lasciare la redazione ogni sera. Uomo dalla spiccata intelligenza e abilità investigativa, Francese fu capace di realizzare delle inchieste-chiave sui loschi affari di Cosa Nostra. Con il suo operato divenne tuttavia una personalità scomoda e un obiettivo da eliminare, venendo infine assassinato dagli uomini della cupola di Corleone. Ecco i momenti principali della sua carriera, in ricordo del suo grande impegno nella lotta alla mafia.
Originario di Siracusa, dov’è nato il 6 febbraio del 1925, Mario Francese si trasferì a Palermo in gioventù per completare la sua formazione scolastica. Iscrittosi alla facoltà di Ingegneria, iniziò la carriera giornalistica come telescriventista dell’ANSA per guadagnare l’indipendenza economica. Tuttavia, successivamente collaborò con il giornale “La Sicilia” di Catania e ottenne il posto fisso nell’ufficio stampa all’assessorato ai Lavori pubblici della Regione, del quale divenne capo poco più di un anno dopo.
Tuttavia, la sua vita prese una svolta quando iniziò a collaborare con il quotidiano di Palermo “Il Giornale di Sicilia“, tantoché nel 1968 abbandonò il posto alla Regione per dedicarsi a pieno alla sua carriera da giornalista. Fu in questo periodo che la sua attività prese la forma del giornalismo investigativo e d’inchiesta, e Francese iniziò ad occuparsi prevalentemente di temi scottanti e legati agli affari di Cosa Nostra. Tra le sue inchieste più importanti spiccano di certo quella sugli stanziamenti di denaro da parte dello Stato per la ricostruzione dopo il terremoto del Belice e quella sulla strage Ciaculli, la quale segnò l’inizio della sua carriera da cronista giudiziario nel 1968.
Inoltre, il nome di Mario Francese è legato a quello di un altro giornalista siciliano: Cosimo Cristina. Si tratta di un giovane giornalista di Termini Imerese che si occupava principalmente di cronaca nera e inchieste sugli affari mafiosi e che fu assassinato a venticinque anni nel pieno della sua carriera. Aveva collaborato con numerose testate, fondando e dirigendo un periodico a Palermo con il nome di “Prospettive Siciliane“. Tuttavia, le sue indagini infastidirono alcuni mafiosi della zona che ne ordinarono l’omicidio, tentando di farlo passare per un suicidio.
L’intervento di Mario Francese fu di grande rilevanza nella vicenda ingiusta del giovane Cosimo, dato che il giornalista siracusano riuscì a far riaprire il caso a sei anni dalla scomparsa di Cristina. Tuttavia, al momento dell’autopsia, i medici legali confermarono l’ipotesi del suicidio, mettendo quello che sembrava un punto definitivo sulla vicenda.
Bisognerà attendere il 1999 e il giornalista catanese Luciano Mirone per far tornare il caso alla luce, sottolineando le incongruenze del rapporto dell’autopsia. Mirone avviò dunque una raccolta firme per chiedere la riapertura del caso alla Procura di Palermo ma senza ottenere un risultato positivo, lasciando così Cosimo Cristina vittima dell’ingiustizia, oltre che della mafia.
Un’altra delle investigazioni fondamentali di Francese è sicuramente quella della diga Garcia: le indagini del giornalista risultarono in un’inchiesta dettagliata sugli intrecci mafiosi legati all’affare pubblicata in sei parti, portando anche alla luce l’ascesa al potere del clan dei Corleonesi.
Mario Francese fu ucciso dalla mafia il 26 gennaio del 1979, quasi 54enne mentre tornava a casa dopo essere stato in redazione. L’assassinio è facilmente riconducibile alle sue inchieste sugli affari mafiosi: in particolare, stava per essere pubblicato un dossier su questo tema sul “Giornale di Sicilia”, che fu reso disponibile alla morte del cronista.
A sparare fu Leoluca Bagarella, ma per l’omicidio di Francese vennero condannati anche Totò Riina, Raffaele Ganci, Francesco Madonia, Michele Greco e Bernardo Provenzano. Tuttavia, alcuni degli imputati vennero assolti e le condanne arrivarono solo nel 2001, oltre vent’anni dopo l’omicidio il cui motivo, secondo la sentenza della Cassazione, fu la straordinaria abilità di Francese di “operare collegamenti tra i fatti di cronaca più significativi, di interpretarli con coraggiosa intelligenza, e di tracciare così una ricostruzione di eccezionale chiarezza e credibilità delle linee evolutive di Cosa Nostra”.
I tanti anni passati per porre fine all’assenza di giustizia non ebbero però un lieto fine: nel 2002 Giuseppe, figlio di Francese, si tolse la vita dopo anni di impegno nella ricostruzione dell’omicidio del padre alla quale aveva dedicato la sua intera vita. Per l’archivio, le ricerche e gli elaborati da lui prodotti riguardo l’omicidio del padre, gli fu consegnato il tesserino da giornalista post mortem. Anche Giuseppe può quindi essere considerato come una vittima della mafia, anche se “di riflesso”. Nel 1993 è stato inoltre istituito un premio giornalistico in onore a Mario Francese, mentre un ulteriore premio che porta il nome di Giuseppe è rivolto ai giornalisti under 36, stessa età in cui morì il figlio di Mario Francese.
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