Una lunga malattia ha spento Pietro Anastasi, goleador degli anni '70. Il "Pelé bianco" ha militato tra le fila di Varese, Juventus, Inter e della Nazionale. Quest'ultima, vincitrice dell'unico Campionato europeo grazie a un suo gol.
Storie di giovani che lasciano il Meridione agricolo, tra gli anni ’60 e ’70, per spostarsi nel Settentrione industrializzato in cerca di fortuna ce ne sono tante. Simbolo di quell’epoca è Pietro Anastasi, catanese classe 1948, un giovane ragazzo come tanti con la passione per il calcio, che diventò il suo mestiere. Da bambino, durante l’attività di raccattapalle nell’allora stadio Cibali di Catania, riuscì a coronare il suo sogno: incontrare l’idolo John Charles, campione della Juventus, sua squadra del cuore. Anastasi conservò per sempre la foto scattata in quell’occasione.
La squadra bianconera fu al centro della vita di Petruzzo. Giocare a Torino era il suo obiettivo, coronato dopo tanta fatica armonizzata a suon di gol. Da giocatore in Serie D della squadra etnea Massiminiana, Anastasi si fece notare dal direttore sportivo del Varese Alfredo Casati, che lo portò in Lombardia a giocare in Serie B, ad un passo dal grande calcio, in squadra con campioni del calibro di Armando Picchi e Riccardo Sogliano. Dopo la promozione ottenuta dai biancorossi, esordì in Seria A non ancora ventenne il 24 settembre 1967 contro la Fiorentina, andando subito in gol.
Il 1968, per il campione venuto dal Sud, fu sicuramente l’anno più emozionante. Dopo aver concluso il campionato con il magnifico settimo posto del Varese, la Juventus lo acquistò per ben 650 milioni di lire, cifra record per quei tempi. L’attaccante catanese venne informato del trasferimento in Piemonte durante l’intervallo dell’amichevole Inter-Roma, durante una prova con i nerazzurri. Ad ogni modo, il suo sogno era appena diventato realtà.
Per quel meraviglioso 1968 non era ancora finita. Petruzzo il 10 giugno fece urlare di gioia lo Stadio Olimpico di Roma, segnando il gol del 2-0 alla Jugoslavia, nella ripetizione (i tempi supplementari ed i calci di rigore in caso di parità nelle partite secche non erano ancora stati aggiunti) della finale del Campionato europeo di calcio. Il trofeo continentale alzato al cielo dall’allora capitano azzurro Giacinto Facchetti sarà, fino ad oggi, l’unico nel palmarès della Nazionale.
In bianconero, insieme a compagni come Roberto Bettega e José Altafini, Anastasi segnò 78 gol in 205 presenze vincendo tre Scudetti. Nonostante nel 1976 passò – questa volta davvero – all’Inter, il legame tra Petruzzo, la Juventus e i suoi tifosi sarà indissolubile. Dopo aver vinto la Coppa Italia in nerazzurro, Anastasi giocò con l’Ascoli e il Lugano, dove nel 1982 finì la sua strepitosa carriera, iniziata nel 1958 tra le fila della formazione dell’oratorio catanese San Filippo Neri.
Considerato uno degli attaccanti italiani più forti di tutti i tempi, la sua morte intristisce tutti, essendo sempre stato un modello di lealtà sportiva. La storia di Anastasi insegna anche che realizzare i propri sogni è possibile, basta soltanto crederci. Da catanese fu un modello per tutti i lavoratori meridionali emigrati al Nord, che durante i 90 minuti delle partite dimenticavano le fatiche della settimana. Il suo sorriso e le sue strepitose giocate saranno difficili da dimenticare.
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