Fioramonti promette "incrementi di 100 euro" per gli insegnanti, ma per assicurarli servirebbero, soltanto per la scuola, 2,2 miliardi di euro ma, considerando che la quota di rinnovo della scuola ammonta a 1,7 miliardi, mancano ancora 500 mln di euro.
Se facciamo un veloce confronto con il resto d’Europa, i docenti italiani occupano gli ultimi posti in classifica Ue sul reddito annuale percepito. Con un salario medio annuo lordo di 28.147 euro, l’Italia si vede surclassata dalla Francia (33.657 euro), il Regno Unito (37.195 euro), e la Germania (55.926 euro). L’obiettivo del nuovo Ccnl – contratto collettivo nazionale di lavoro – ha come obiettivo proprio quello di ‘allineare’ gli stipendi dei nostri professori a quelli del resto d’Europa.
Prerogativa del nostro Ministro dell’istruzione uscente Bussetti, come per il Ministro Fioramonti, è l’aumento a tre cifre dello stipendio per i docenti: al punto da adottare un approccio concertativo con i sindacati della scuola. A fronte di un aumento medio di 96 euro nella Pa, l’asticella per i prof si fermerebbe infatti a 85. Ma per arrivare a ‘quota 100’ mancano ancora 500 milioni che potrebbero arrivare dal bonus formazione.
Il compito di finanziare il nuovo Ccnl 2019-2021 toccherà alla legge di bilancio attesa in parlamento e che, dovrebbe arrivare a toccare i 3,2 miliardi di euro. Secondo un calcolo del Miur si parla di oltre 800mila professori in servizio di cui l’aumento stipendiale medio sarebbe di 74 euro. Se contiamo l’elemento perequativo di 11,50 euro, arriviamo ad un totale di 85,50 euro. Fioramonti promette “incrementi di 100 euro” per gli insegnanti – i cui stipendi si trovano tra le soglie più basse nella pa – ma per assicurarli servirebbero, soltanto per la scuola, 2,2 miliardi di euro.
Considerando che la quota di risorse destinate al rinnovo della scuola dovrebbe essere circa di 1,7 miliardi, mancano ancora 500 milioni di euro: una cifra non poco rilevante. La soluzione potrebbe essere utilizzare i 380 milioni destinati a finanziare la card 500 euro per i docenti, portandoli direttamente nella retribuzione. Una soluzione sensata se si considera che la suddetta card è usata soprattutto per l’acquisto di devices e programmi software (oltre il 70% della spesa) e soltanto il 6/7% ha scelto corsi di aggiornamento.
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