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Etna, il 27 ottobre del 2002 “l’eruzione perfetta”: una concatenazione di eventi unici

Dopo la violenta eruzione del 2001 l'Etna non aveva dato segnali di riposo: si verificò un ulteriore rigonfiamento dell'apparato sommitale e un'anomala emissione di anidride solforosa, come se il vulcano avesse il respiro trattenuto. Tutta l'energia acculatasi in 14 mesi di silenzio era pronta a scatenarsi, turbando ancora una volta la quiete di tutta la Sicilia orientale.

Ore 22:25 del 26 ottobre 2002. Un’intensa crisi sismica iniziò a scuotere i fianchi dell’Etna, eccezionalmente interessando tutta l’area sommitale del vulcano, con maggiore insistenza nella zona di Piano Provenzana, la stazione sciistica di Linguaglossa. Il momento intercorso tra le prime scosse e l’inizio dell’attività eruttiva fu molto ristretto. I vulcanologi della sala operativa dell’INGV di Catania passarono da una situazione di allerta all’allarme vero e proprio in modo ravvicinato. Grazie a questo elemento si intuì immediatamente la gravità della situazione.

L’eruzione del 2002-2003, dopo aver arrecato seri danni al patrimonio turistico e boschivo, è ricordata come “l’eruzione perfetta“, a causa della spettacolare concatenazione di eventi diversi e unici sul piano scientifico.

Nel fianco meridionale dell’Etna il magma spaccò velocemente la crosta terrestre superficiale, già indebolita dall’eruzione dell’anno precedente, riemergendo nello stesso punto, tra quota 2500 e 2700 m. Potenti fontane di lava furono accompagnate da un’altissima colonna di cenere. Questa volta le fratture eruttive interessarono anche il Rift di Nord-Est, nel versante settentrionale. Alle 5 del mattino del 27 ottobre si aprì la prima di una lunga serie di bocche lineari, che formarono la cosiddetta “bottoniera“, a quota 2470 m. In poche ore le lave raggiunsero Piano Provenzana, distruggendo gli edifici turistici già danneggiati dai terremoti, avanzando inesorabilmente verso Pineta Ragabo. Decenni di ricordi e divertimenti, tra gite scolastiche e scampagnate in famiglia, vengono sepolti sotto un pesante strato di roccia fusa.

La spinta del magma sollecitò duramente il fianco orientale del vulcano, che si mosse in direzione del mare. Questo provocò bruschi movimenti delle faglie, che peggiorano la già difficile situazione. Erano le 11:02 del 29 ottobre. Una forte scossa di magnitudo 4.5 colpì Santa Venerina, le sue frazioni e i comuni limitrofi. I centri abitati furono gravemente danneggiati, con quasi tremila persone sfollate. Mentre la cenere continuava a cadere copiosa su tutta la costa ionica, la gente dell’Etna iniziò a credere di essere precipitata in un incubo senza fine.

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Fortunatamente, le lave emesse dalle bocche di Nord-Est non rappresentarono una minaccia per la cittadina di Linguaglossa, arrestandosi nel bel mezzo della Pineta Ragabo, dopo aver distrutto 250 ettari di territorio boschivo. I pini, poco prima di essere spazzati via dalla lava, bruciarono per poi piegarsi su se stessi a causa dalle altissime temperature. Dopo pochi giorni, esattamente il 7 novembre, le bocche si spensero, i campi lavici si restrinsero e i cittadini di Linguaglossa tornarono a dormire sonni tranquilli.

Ad ogni modo, l’eruzione nel versante meridionale non era ancora finita. La cenere continuava a cadere sui comuni pedemontani, rendendo impossibile il normale funzionamento dell’aeroporto di Catania. La colonna di cenere, spinta dai venti, raggiunse le coste dell’Africa. Anche in questo caso i paesi più vicini al fronte lavico furono pericolo. Le colate continuarono a minacciare la stazione turistica di Rifugio Sapienza, scampata miracolosamente all’attività eruttiva del 2001.

Ancora una volta l’uomo interverrà per salvare ciò che ha costruito. A poca distanza dagli edifici turistici di Rifugio Sapienza, venne formata una barriera di terra, che deviò il flusso lavico dal suo naturale corso, salvando la stazione di partenza della funivia. Dopo tre mesi di attività l’eruzione finì anche nell’ultimo versante rimasto attivo, dopo aver sepolto per sempre il rifugio Torre del Filosofo, sotto tonnellate di materiale piroclastico.

Non sappiamo quando il vulcano si risveglierà, riproponendoci un’attività simile. Possiamo solo aspettare proteggendoci da possibili disastri, senza dimenticare che siamo noi gli ospiti del vulcano.

Amedeo Barbagallo

Catanese, 2001. Studente di Filosofia, collabora con Avanti! e LiveUnict. Cura un blog.

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Amedeo Barbagallo

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