Secondo alcuni l’identificazione della ninfa Etna con il Vulcano spiegherebbe il motivo per cui i catanesi considerano la “Montagna” come un’entità femminile buona e materna.
Poco importa se il dizionario italiano lo identifica come sostantivo maschile o se in tutto il mondo è conosciuto anche come “Mongibello”. Per ogni catanese il suo Vulcano è sempre e comunque “femmina” e non è insolito sentirne parlare come di una “lei”. L’Etna, infatti, è certamente il vulcano attivo più alto d’Europa, patrimonio Unesco e luogo di altissimo interesse naturalistico, ma per coloro che abitano alle sue pendici essa è, semplicemente e prima di tutto, la “Montagna”. Alcuni sospettano che quest’accezione femminile del Vulcano sia riconducibile alla leggenda della ninfa Etna, un personaggio della mitologia dal grande fascino.
Sono numerosissime le leggende che hanno per protagonista l’Etna o che sono ambientate in questo luogo per certi versi magico e mistico. Tra queste, una riguarda un personaggio della mitologia, figlia di Urano e di Gea, vale a dire la ninfa Etna, da cui deriverebbe il nome del Vulcano. Erede delle due divinità, simbolo rispettivamente del Cielo e della Terra, la Montagna rappresenterebbe, quindi, la fusione e il punto di raccordo tra il centro magmatico terrestre e l’azzurro celeste.
Sono numerose le versioni della leggenda che vedono per protagonista la ninfa Etna. Tra queste, per esempio, si racconta che la ninfa fosse l’amante del dio del fuoco Efesto, conosciuto in Sicilia come Adranos. Si narra che grazie a quest’unione vennero alla vita gli dèi Palici, protettori della navigazione e personificazione delle sorgenti termali solforose.
Come riportato su Instoria.it, questi mitologici personaggi sarebbero nati due volte. Leggenda vuole, infatti, che la ninfa Etna si fosse nascosta sotto il Vulcano per ultimare la gravidanza e che, quindi, i due gemelli avrebbero visto la luce ben due volte: dapprima vendendo fuori dal ventre paterno e, in seguito, da quello della terra.
La versione più popolare del mito, tuttavia, è quella che racconta il ruolo decisivo della ninfa Etna nello scontro fatale tra il gigante Tifeo e Zeus. I Giganti, in effetti, figli di Gea e fratelli dei Titani, da sempre ritenevano il potere di Zeus illegittimo e decisero, quindi, di provare a usurpare il suo trono. Ebbe così inizio una terribile e sanguinosa guerra tra il padre degli dèi e Tifeo, un gigante metà uomo metà animale, con la testa d’asino, ali di pipistrello, due draghi sputa fuoco al posto delle gambe e cento serpenti sulle spalle.
Nel momento in cui la lotta sembrava per volgere in favore del temibile gigante, però, la vicenda si sposta nel campo di battaglia finale e, cioè, il luogo in cui sarebbe poi sorto il maestoso Vulcano. Qui, con Zeus gravemente ferito, a Tifeo non restava altro che sferrare il colpo di grazia. Fu in quel momento, però, che intervenne Etna a sottomettere il gigante, coprendolo interamente con il proprio corpo e facendo ricorso a tutta la sua incredibile forza e coraggio femminile. Ancora oggi Tifeo cercherebbe di liberarsi dalla sua prigionia nel ventre della terra, sbuffando violente e potenti fiammate. È in tal modo che il fuoco di Tifeo e il corpo di Etna danno vita a una terra feconda e ricca di frutti.
Da queste due differenti versioni del mito viene fuori, quindi, la figura di un’entità femminile forte, coraggiosa e che non si piega alla prepotenza maschile. Se da una parte la ninfa Etna è madre e, dunque, presenza vivifica e benevola, nella seconda leggenda essa si presenta forte e implacabile di fronte al nemico, capace di dare la vita ma anche la morte. In un continuo ed eterno contrasto, Etna rappresenta così il raccordo tra cielo e terra, tra vita e morte e per questo, nelle sue contraddizioni, non può che essere donna, guerriera e protettrice dei suoi figli.
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