Università, no al commissariamento degli atenei: “Ridurre potere smisurato dei Rettori”

L'ANDU risponde al viceministro Fioramonti sul commissariamento dell'Università di Catania, accusando un potere 'smisurato' in mano ai Rettori di tutti gli atenei.

Scorsa settimana, in relazione allo scandalo dell’Università di Catania, Lorenzo Fioramonti, viceministro grillino all’istruzione si era pronunciato sulla vicenda. Durante l’intervista, Fioramonti, reputandolo tardivo respingeva l’ipotesi di commissariamento, verso nuove imminenti elezioni “i tempi tecnici per il commissariamento non ci sono più”, e precisa che “il commissariamento avrebbe fatto bene, aiutato a fare pulizia e dare un segnale”.

Ma l’ANDU – Associazione Nazionale Docenti Universitari -, tramite il suo sito, risponde a tono accusando un potere ‘smisurato’ nei confronti dei Rettori:

Il fatto è che in Parlamento e nel Governo sembra non si voglia prendere fino in fondo atto che la vicenda catanese deriva da un quadro normativo che sempre più negli ultimi decenni ha puntato ad assicurare, in tutti gli Atenei, un potere smisurato ai Rettori (sovrani assoluti). Potere enormemente accresciuto dalla cooptazione personale (potere assoluto del singolo maestro) che rende finti i concorsi universitari (dai dottorati ai posti di ordinario).”

Il Governo e il Parlamento dovrebbero invece urgentemente ‘ripulire’ l’attuale normativa universitaria approvando poche e ‘semplici’ norme, invece di pensare a interventi senza precedenti che, come il commissariamento di un Ateneo, sarebbero gravemente lesivi della già limitata autonomia sostanziale dell’Università“.

Ed elenca una serie di ‘semplici’ misure e provvedimenti che renderebbero migliore l’Università italiana

Il Governo e il Parlamento dovrebbero:

  1. Rendere i Senati Accademici organi decisionali e rappresentativi di tutte le componenti, trasformando i Consigli di Amministrazione in organi puramente esecutivi e prevedendo la netta riduzione dei poteri dei Rettori, che non devono fare parte del Senato Accademico;
  2. Costituire un Organismo nazionale, eletto direttamente da tutte le componenti, per rappresentare e coordinare gli Atenei e per difendere l’autonomia del Sistema nazionale universitario dai poteri forti interni ed esterni;
  3. Abolire l’ANVUR, voluta per commissariare gli Atenei e per mortificare la libertà di ricerca e di insegnamento, e cancellare le “annesse” abilitazioni nazionali, foglie di fico dei finti concorsi locali;
  4. Eliminare a tutti i livelli i finti concorsi locali e le prove locali, prevedendo che a tutti i livelli le scelte siano operate da parte di commissioni nazionali con tutti i membri sorteggiati tra tutti i docenti, escludendo quelli appartenenti agli Atenei direttamente interessati ai concorsi o alle prove e consentendo la presenza di non più di un docente dello stesso Ateneo;
  5. Bandire almeno 20.000 (5000 all’anno) posti di professore di terza fascia, con uguali diritti e doveri delle altre fasce, unico modo per dare un credibile sbocco a buona parte degli attuali precari, da prorogare fino all’espletamento dei concorsi;
  6. Cancellare tutte le attuali figure precarie per sostituirle con una sola figura pre-ruolo di breve durata (tre anni), in numero rapportato agli sbocchi in ruolo, autonoma e adeguatamente retribuita;
  7. Consentire il passaggio automatico da una fascia all’altra attraverso un giudizio individuale nazionale (docente unico) e, nel transitorio, prevedere per tutti i ricercatori e gli associati abilitati il passaggio nella fascia superiore, su appositi fondi nazionali;
  8. Abolire il numero chiuso, strumento di inutile violenza contro il diritto dei giovani a scegliere di studiare nei corsi di laurea da loro preferiti“.

A proposito dei punti precedentemente elencati, l’Andu conclude, scrivendo che: “Se questo Governo e questo Parlamento riuscissero a varare queste norme estremamente utili all’Università e al Paese, essi passerebbero alla storia per essere stati i primi a non avere obbedito a quella lobby accademica-confindustriale-ministeriale che da decenni ha dettato e detta letteralmente legge sull’Università italiana“.

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