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“Life is strange”, Jean-Luc Cano si racconta: “Parliamo di temi vicini ai giovani”

Grazie ai suoi temi vicini alla quotidianità, in cui i giovani sono stati in grado di identificarsi, Life Is Strange è diventato il gioco che meglio rappresenta un'intera generazione. Nella nona edizione di Etna Comics, l'autore franco-canadese Jean-Luc Cano parla alla stampa dei suoi personaggi e della paura di crescere.

Il 30 gennaio del 2015 veniva pubblicato il primo capitolo di un videogioco a episodi che vedeva come protagonista la giovane Max Caulfield, diciottenne dall’anima vintage appassionata di fotografia. Da poche centinaia di copie vendute all’esplosione che ha conquistato convention, internet e giocatori d’ogni tipo. Abbiamo incontrato Jean-Luc Cano, autore e head writer della serie, che ci ha parlato dell’importanza di creare personaggi in cui sarebbe stato facile identificarsi.

La paura di diventare adulti

Nei cinque giorni in cui è ambientato Life Is Strange, impariamo a conoscere Max: un’adolescente schiva, sensibile, che nel tempo ha imparato a sfruttare la propria invisibilità per farsi carico di poche se non addirittura nessuna responsabilità. La sua vita cambia quando è costretta a salvare l’amica d’infanzia Chloe, scoprendo di possedere l’abilità di tornare indietro nel tempo. Quando abbiamo chiesto a Cano il perché di questa scelta – perché i viaggi nel tempo, anziché l’invisibilità, per esempio – la risposta non ha tardato ad arrivare: “Volevamo legare il videogioco alla debolezza del personaggio. Quindi Max è un personaggio la cui debolezza è la sua paura di crescere, lei ha paura di prendere delle decisioni e di andare avanti. – Ha spiegato l’autore. – Ed è per questo che le abbiamo dato il potere di tornare indietro nel tempo per simbolizzare la sua debolezza attraverso un potere sovrannaturale. Ed è per questo che alla fine, dovrà assumersi la responsabilità totale dell’ultima scelta senza poter utilizzare il suo potere una seconda volta, il suo passaggio all’età adulta è proprio simbolizzato dall’ultima scelta che dovrà fare.

Cano ha ammesso di sentirsi molto vicino alla sua protagonista in quanto lui stesso fatica ancora a considerarsi un adulto.

Esiste un’altra spiegazione, forse meno romantica e più pratica, del perché proprio il viaggio nel tempo è stato preferito ad altre meccaniche. Life Is Strange è un videogioco fortemente influenzato dalle scelte del giocatore e la possibilità di rivederne alcune (spesso basate sull’emotività) rafforza il legame tra giocatore e personaggi.

Dai rifiuti al successo improvviso

Quando stavamo cercando un produttore abbiamo avuto otto appuntamenti con grandi produttori, gli abbiamo sottoposto l’idea e mostrato un piccolo percorso del gioco per spiegargli la meccanica del “rewind” e i personaggi, e sette di loro ci hanno detto “a nessuno interesserà questo gioco, a nessuno piacerà, nessuno vorrà sentir parlare di queste due ragazze.” Ha spiegato Cano, che ha sottoposto il progetto a ben 8 produttori ricevendo 7 rifiuti.

L’incontro con Square Enix, tuttavia, ha permesso a uno studio in serie difficoltà economiche, uno che stava puntando tutto su due ragazze dell’Oregon e il racconto dei loro intensi cinque giorni insieme, di portare avanti il proprio progetto senza cambiare una virgola. “Il successo improvviso che abbiamo ottenuto è stato totalmente inaspettato e ci ha permesso di salvare il nostro studio. – Spiega Cano. – E il successo è dovuto al fatto che i nostri personaggi sono personaggi attraverso i quali chiunque può identificarsi e perché parliamo di temi nei quali tutti i giovani possono rispecchiarsi quando per esempio si parla di molestie o di problemi legati alla droga.

Perché sebbene gran parte dell’industria videoludica si basi su personaggi forti e indistruttibili, personaggi in grado di salvare il mondo soltanto schioccando le dita, il giocatore desidera ancora sentirsi dire: so cosa provi, non sei da solo. E questo Life Is Strange lo fa magistralmente e continua a farlo anche con il suo secondo capitolo attraverso due protagonisti d’origine messicana in un’America post-elezioni del 2016.

Adolescenza e social network

Per rappresentare al meglio gli adolescenti non basta basarsi su ciò che si vede nelle serie TV, conferma Cano. Le probabilità di scadere nei soliti cliché sono sempre molto alte. “Quando ho iniziato a scrivere Life Is Strange non ero per nulla un adolescente. – Aggiunge. – Quindi insieme ai due game director abbiamo lavorato molto su come rappresentare quattro giovani al giorno d’oggi perché quando noi eravamo adolescenti non siamo cresciuti con Facebook, con internet, non avevamo tutte quelle cose quindi abbiamo fatto delle ricerche per capire cosa significa essere un adolescente oggi, le problematiche che devono affrontare ed è così che abbiamo creato i nostri personaggi.

E la crudeltà del mondo digitale la osserviamo attraverso una storia di bullismo e molestie, una di quelle dolorosamente familiari che ogni giorno portano degli adolescenti al suicidio. Una sequenza che colpisce nel profondo abilmente, soprattutto nella scelta di spogliare il giocatore della sicurezza data dalle meccaniche di rewind per costringerlo ad agire come una persona normale in una situazione in cui la frase giusta fa davvero la differenza.

L’importanza di rivalutare i propri confini

La scelta finale di Life Is Strange si basa su uno dei dilemmi etici più antichi della storia, ed è impossibile dire quale sia quello vero perché, come ha detto lo stesso Cano, non ne esiste uno. Il giocatore è l’unico giudice quando si tratta di giusto o sbagliato, e lo è anche nel secondo capitolo della saga, quando un’altra scelta posizionata abilmente dopo una scena piena di emotività lo costringe a riconsiderare le proprie decisioni.

L’episodio 2 riguarda le regole. Sean sta stabilendo delle regole per Daniel, dicendogli che non può superare quel confine e che deve rispettare le regole. – Spiega Cano a una stanza piena di giornalisti/giocatori che faticano ad accettare il modo in cui si è svolta la vicenda. – E ciò che volevamo era [far infrangere al giocatore] le proprie regole pur avendo appena detto a Daniel di non usare i poteri. Quindi il giocatore dice “ok, gli ho detto di non usare i poteri ma in questa situazione voglio che lo faccia”. Volevamo far capire al giocatore che non ci sono regole giuste o sbagliate, e che talvolta devi infrangere quelle che hai stabilito per il bene di qualcuno.

Silvia Di Mauro

Studentessa di lingue, ha fatto della scrittura la sua raison d'être. Dalle recensioni di libri, serie TV e film alla pubblicazione di un libro con lo pseudonimo di Christine Amberpit, si dedica anche alla sceneggiatura e produzione di serie per il web, corti, video musicali e pubblicità.

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