Grazie alle nuove regole stabilite dalla Regione, si riduce la distanza tra uno stabilimento e l'altro e aumenta lo spazio in concessione. Proteste da Legambiente.
L’estate si avvicina e con essa una nuova erosione sta per colpire le spiagge siciliane: non quella provocata dal mare o dai cambiamenti climatici, bensì dalle rinnovate regole per la concessione e l’ampliamento degli stabilimenti balneari lungo tutto il perimetro dell’Isola.
A gennaio, infatti, l’Ars ha approvato una norma che consente all’assessorato al Territorio e ambiente di dare nuove concessioni per lidi e stabilimenti balneari fino al 2020 anche nei Comuni che non hanno in vigore il Piano di gestione della costa. Pochi mesi dopo, l’assessore Toto Cordaro ha firmato le nuove linee guida per l’utilizzo del demanio marittimo, restringendo lo spazio destinato alle spiagge libere.
Così, le spiagge e gli uffici della Regione sono stati bombardati da nuove richieste, con circa 600 istanze presentate per la creazione di nuovi stabilimenti, che si sommano ai già 3.200 concessionari. Del resto, in un’isola come la Sicilia, quello dei lidi è un vero e proprio business, da cui, tuttavia, la Regione incassa meno di 10 milioni di canone.
Le richieste effettuate finora sono sparse più o meno in tutta l’Isola e, accanto a chi già si sfrega le mani di fronte alle nuove possibilità di guadagno, c’è chi non approva la liberalizzazione delle concessioni. Tra questi, Legambiente annuncia il ricorso al Tar contro le decisioni tutte a vantaggio delle associazioni dell’assessore Cordaro. Infatti, i nuovi stabilimenti potranno essere più vicini l’uno all’altro, con la distanza che si riduce dai 100 ai 25 metri e in alcuni casi, laddove la spiaggia sia particolarmente piccola, a 10 metri. Lo spazio in concessione, inoltre, passa dai 3 mila ai 5 mila metri quadrati: fino al 20% dell’area può essere coperta.
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