L'Ocse ha espresso un giudizio negativo sul reddito di cittadinanza appena varato, in particolare per l'importo della misura.
Anche l’Ocse ha espresso il suo giudizio sul reddito di cittadinanza. L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Europeo si è infatti pronunciata a proposito della misura varata dal Governo e contenuta nella legge di stabilità 2019, che in queste settimane sta prendendo il via e vedrà l’attivazione dell’assistenza dei centri per l’impiego con l’assunzione dei navigator.
È proprio questa una delle preoccupazioni manifestate dall’OCSE, che chiede all’Italia di controllare che questa misura non sia un semplice contributo a fondo perduto, ma deve accompagnare chi percepisce queste somme a rientrare nel mondo del lavoro.
La fotografia che l’OCSE fa dell’Italia lavorativa è di un Paese che ha un’alta disoccupazione, un’incidenza record di sottoccupati, un aumento dei contratti atipici (contratti non a tempo indeterminato) e dell’instabilità del lavoro, uno scivolamento verso salari bassi anche da parte di diplomati e laureati, con i giovani più penalizzati.
In particolare l’OCSE ha posto espresso un giudizio negativo sull’importo erogato dal reddito di cittadinanza, in quanto “rappresenta un trasferimento di risorse importante verso le persone in condizioni di povertà. Tuttavia il livello attuale del sussidio è elevato rispetto ai redditi mediani. La sua messa in opera dovrà essere monitorata attentamente per assicurare che i beneficiari siano accompagnati verso adeguate opportunità di lavoro“.
L’opinione dell’organizzazione sembra in questo quadro porsi in contrasto con la polemica e le lamentele sorte negli ultimi giorni da parte di molti beneficiari del reddito di cittadinanza, che al contrario hanno denunciato gli importi ricevuti come “troppo bassi”.
L’allarme è dato dalle problematiche sul mondo del lavoro, secondo cui l’OCSE ha più volte richiamato l’Italia, per le differenze sociali e di occupazione “vi sono preoccupazioni – viene scritto nel rapporto – sulla qualità di alcuni dei nuovi posti di lavoro che sono creati e, senza un’azione immediata, le disparità del mercato del lavoro potrebbero aumentare, dato che alcuni lavoratori affrontano rischi maggiori di altri“.
Inoltre, la stessa Organizzazione, smentisce le preoccupazioni sul futuro del lavoro, in quanto “mentre alcuni posti di lavoro potrebbero scomparire, nuovi lavori saranno creati“. E continua dicendo che “sino ad ora l’occupazione complessiva è aumentata, tuttavia la transizione non sarà facile”.
In Italia, difatti i posti a rischio di automazione sono il 15,2 %, di poco sopra alla media OCSE che è al 14%, ma un 35,5 % potrebbe subire cambiamenti delle mansioni, cioè verranno confermati ma cambierà il modo in cui si lavora rispetto al presente.
La preoccupazione principale dell’OCSE è sulla formazione, in quanto l’Italia è sempre rimasta indietro in questo settore, nel nostro Paese solo il 20,1 % degli adulti ha partecipato a programmi di formazione professionale e il 60 % delle imprese con più di 10 dipendenti offre formazione permanente ai propri impiegati contro una media dei Paesi OCSE del 75,2%.
E nel rapporto appena stilato, si chiede appunto di monitorare la misura “per assicurare che i beneficiari siano accompagnati verso il lavoro“, unica fonte di sviluppo e di crescita per il Paese.
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