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“Esci il cane”? L’uso dei verbi intransitivi secondo l’Accademia della Crusca

Dopo le polemiche dei giorni scorsi sull'uso di alcune forme regionali dei verbi intransitivi in espressioni come "uscire il cane", vediamo come l'Accademia della Crusca ha spiegato ai suoi lettori il corretto funzionamento di alcuni meccanismi della lingua.

Si può dire “esci il cane” o “siedi il bambino”? L’utilizzo di queste espressioni popolari, diffuse soprattutto al Sud nel linguaggio parlato e nella quotidianità di molti italiani, è tornato in questi giorni al centro di un dibattito piuttosto animato. La questione sarebbe venuta a galla dopo una nota, pubblicata da Vittorio Coletti, membro dell’Accademia della Crusca, in cui si esprimeva simpatia nei confronti di questi modi di dire entrati ormai nella lingua di tutti i giorni.

Polemiche, dibattiti, lamentele e festeggiamenti hanno subito fatto il giro dei social: “La Crusca dice sì, “esci il cane” è corretto!”. Titoli di giornale sensazionalistici, fraintendimenti ed esagerazioni hanno fatto il resto. Tuttavia l’Accademia ha subito messo a tacere la diatriba, precisando e ribadendo che l’utilizzo transitivo dei verbi di moto è, e continuerà a essere, scorretto per la lingua italiana.

“Il problema è che ogni volta che si trasferisce un discorso scientifico sottile su un piano mediatico si producono risultati perversi ha spiegato il Presidente dell’Accademia della Crusca Claudio Marazzini. – Coletti ha guardato con simpatia a una spinta innovativa che trasferisce un modo di dire popolare, accettandola nell’eccezione della quotidianità e delle situazioni familiari. Naturalmente se viene trasportato nella grammatica della scuola nascono dei problemi perché l’insegnante sarà comunque chiamato a correggere quelle forme nell’italiano scritto e formale”.

Discorso chiuso dunque. Sarà sicuramente rimasto deluso qualcuno, ma molti altri avranno tirato un sospiro di sollievo. Tuttavia per chi fosse interessato ad approfondire la questione o avesse ancora dei dubbi, sul sito dell’Accademia della Crusca il discorso sull’uso transitivo dei verbi “uscire”, “entrare”, “salire” e “scendere” è stato ampiamente affrontato da Matilde Paoli, consulente linguistica della Crusca, che ha risposto alle numerose domande dei lettori in proposito.

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“I membri della coppia salire/scendere, nel significato di ‘percorrere in salita’ e ‘percorrere verso il basso’ hanno anche un uso transitivo: si possono salire le scale o il versante di una collina e scendere i gradini o un pendio – esordisce Paoli. – Anche entrare ha avuto, almeno in passato, specie in poesia, la possibilità di un uso transitivo in cui l’oggetto è il luogo dove si entra”.

La consulente fa notare anche come l’uso transitivo di questi verbi, nel corso degli ultimi anni, sia stato registrato da alcuni dizionari in lingua autorevoli. Tra questi figura il GRADIT, il Sabatini-Coletti, il Devoto-Oli, lo Zingarelli e il Treccani: tutti i dizionari tuttavia sottolineano l’uso regionale, meridionale o popolare di queste espressioni. “La posizione dei lessicografi contemporanei – precisa infatti la consulente – non lascia dubbi: per quanto di impiego tanto rilevante da essere registrato (pur con le differenze segnalate), nessuno di questi usi viene “promosso” al livello della lingua comune”.

Paoli approfondisce inoltre l’origine dei dubbi sulla questione, che parrebbe frutto di una contrapposizione linguistica tra Nord e Sud dell’Italia. In entrambi i casi, tuttavia, fa una puntualizzazione: “È interessante notare che, nella maggioranza dei casi, – sia un settentrionale o un meridionale a parlare – si chiede all’Accademia conferma della norma italiana, la cui certezza pare messa in discussione. Sembra quasi che la frequenza, ma anche l’uso da parte di persone colte lascino presagire (o temere) una possibilità di affermazione di questi verbi, o di alcuni di essi, come transitivi”.

La ragione di questo timore, che l’uso transitivo di questi verbi di moto si diffonda fino a entrare nella norma linguistica, deriverebbe – secondo la consulente – dal fatto che tali forme sono “economicamente vantaggiose”, poiché, ad esempio, “uscire il cappotto dall’armadio” è sicuramente più immediata di “tirare fuori il cappotto dall’armadio”. A ciò si aggiunge il livello di diffusione che questi modi di dire hanno ormai raggiunto sulla rete, una diffusione che dà a molti l’illusione di poter finalmente vedere quest’uso accettato nell’italiano standard.

Senza lasciare spazio a troppe fantasie, però, la consulente simpaticamente conclude: “Dobbiamo deludere i sostenitori dell’ammissione di uscire transitivo a livello di lingua; proponiamo però, al solo prezzo dell’uso di una preposizione, di cominciare a ‘uscire con il cane’: dopo tutto è un amico”.

A proposito dell'autore

Antonietta Bivona

Giornalista pubblicista e direttrice responsabile della testata giornalistica LiveUnict. Dopo un dottorato conseguito presso l'Università degli Studi di Catania, è ricercatrice in lingua e letteratura francese. Insegna nei corsi di laurea triennale e magistrale del Dipartimento di Studi classici, linguistici e della formazione dell'Università degli Studi di Enna.

📧 a.bivona@liveunict.com