Salvatore D'Urso, uno dei soci fondatori dell'associazione culturale "Acquedotte Arte, Architettura, Aree Urbane" racconta a Live UniCT cosa significa prendersi cura di una zona dimenticata dai turisti e anche, probabilmente, da parte della cittadinanza, eppure piena di storia e di bellezza nascosta.
In quanti possono dire di conoscere davvero la propria città? Esistono gemme nascoste all’ombra delle grandi trappole per turisti, luoghi d’importanza storica e di bellezza inestimabile che col tempo abbiamo dimenticato o semplicemente relegato ai meandri di archivi che nessuno consulterà mai, perché più comodo e conveniente. Ma per ogni persona che dimentica, ce n’è almeno un’altra disposta a riportare alla luce quei tesori, prendersene cura e condividerli con il resto della popolazione.
È ciò che l’associazione Acquedotte Arte, Architettura, Aree Urbane, così come molte altre nel catanese, si impegna giorno dopo giorno a fare dall’estate del 2017 nel cuore della Catania storica, una zona dimenticata non solo dal turismo ma anche da gran parte dei catanesi.
Sotto la pavimentazione di una strada secondaria come via Santa Barbara, racconta Salvatore D’Urso, uno dei soci fondatori dell’associazione, si nascondeva un tesoro architettonico riscoperto quasi per errore. “In un palazzo della via sono stati fatti dei lavori di ristrutturazione legati al terremoto di vent’anni fa – dice D’Urso – che hanno riportato alla luce una tricora d’epoca bizantina che sapevamo essere sottoterra. Quel tratto di via Santa Barbara in realtà è un solaio, non una strada piena”. La scoperta è stata fatta negli anni ’50. Una pulizia e un solaio dopo, la tricora è finita nel dimenticatoio sotto strati e strati di asfalto.
Ma la tricora non è l’unica cosa degna di nota nella zona: a 100 metri circa si trova il cortile di Via San Pantaleone, dove si può accedere a un vicolo che porta fino al foro romano con tanto di polo museale; sempre nei pressi di Via Garibaldi si trova Piazza Sant’Antonio con terme di epoca romana ristrutturate. Entrambi i luoghi hanno una caratteristica in comune: sono chiusi.
L’obiettivo diventa dunque far rifiorire l’asse di via Garibaldi, grazie anche all’aiuto di architetti e ingegneri e della gente del luogo, “valorizzare i monumenti meno conosciuti – continua D’Urso – e creare un percorso per i cittadini e i turisti”, organizzare manifestazioni, eventi e percorsi per illuminare un’intera zona considerata centrale e che, tuttavia, nel tempo si è vista relegare sempre più ai margini.
Tagliata fuori dalle immaginarie mura che delimitano la città di Catania lo è anche, ironicamente, Porta Garibaldi (‘U futtinu), originariamente Porta Ferdinandea in onore di Ferdinando I delle Due Sicilie. La svolta arriva quando l’associazione Acquedotte chiede al comune di avere l’affidamento del monumento, che avviene nei primi giorni di agosto del 2018.
D’Urso dipinge un quadro appassionato del monumento e della gente che su Piazza Palestro trascorre gran parte delle giornate, tra commercianti e abitanti che sentono propria quella Porta al centro di numerose discussioni circa il nome, fino ai bambini, che gravitano spesso attorno ai locali dell’associazione con genuina curiosità.
Purtroppo, però, i concerti di musica classica e gli eventi culturali si sono alternati a incidenti incresciosi. Tra questi la festa per i tredici anni di Asia che, oltre a numerose bottiglie rotte e cerini spenti, ha lasciato sulle pietre nere e bianche della Porta Garibaldi tracce indelebili di vernice spray. “L’associazione, con Legambiente, ha scritto una lettera aperta ad Asia la domenica successiva – prosegue con rammarico D’Urso – una lettera educativa, in qualche forma. È scritta ad Asia ma varrebbe per chiunque”. Si è costretti a pensare ai possibili deterrenti, ma la paura è di ottenere ben poco perfino con la presenza di videocamere.
La risposta sono i bambini, ancora una volta, e D’Urso ne è consapevole. “Bisogna coinvolgerli, renderli i custodi del monumento e chiedere loro che ne abbiano cura e facciano in modo che gli altri non lo sporchino. La partecipazione è meglio di qualsiasi deterrente, perché in fin dei conti il monumento non è della città: è nostro”. E con questo grido, Acquedotte ha candidato il monumento tra i Luoghi del cuore FAI, nella speranza di restituirlo alla città nel suo splendore originario.
Sono tantissime le associazioni che, come Acquedotte, si occupano di salvaguardare il patrimonio del territorio – il nostro territorio – chiedendo in cambio poco, se non addirittura nulla. Basta davvero poco per supportarle: una firma, un like su Facebook, la partecipazione a eventi o, molto più semplicemente, il rispetto per qualcosa che troppo spesso diamo per scontato, prima che sia troppo tardi.
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