Il Consiglio nazionale delle ricerche arriva a spendere il 98,7% per le retribuzioni. Si trova così nella sorprendente situazione dove la priorità è il rinnovo dei contratti del pubblico impiego e le stabilizzazioni dei precari, attualmente circa 3000.
Il Centro nazionale di ricerca sembra essersi bloccato in un pantano di burocrazia. Tutti e 100 i direttori del centro nazionale confermano la catastrofica situazione dove complessivamente il 98,7% delle risorse finanziarie in possesso del fondo di ricerca finisce nelle tasche dei suoi stessi ricercatori, piuttosto che fornire fondi per la ricerca scientifica.
Questo paradosso si sarebbe scandito in due modalità, tra il rinnovo dei contratti e la stabilizzazione dei precari. Il secondo punto ha origine dalle stabilizzazioni aperte dalla riforma Madia, entrata in vigore dopo una lunga battaglia fra Funzione pubblica e Corte dei conti. Tuttavia esiste un vincolo contabile, che impedisce di portare i fondi “autonomi” dei singoli enti sopra i livelli del 2016. E il circolo vizioso si crea quando le stabilizzazioni promulgate aumentano di anno in anno, assorbendo la quasi totale liquidità disponibile.
I vertici degli enti in realtà non contestano le stabilizzazioni, il quale probabilmente sono l’unico fattore positivo ma sono estremamente preoccupati per il mancato aggiornamento dei finanziamenti, dal momento che si trovano in una situazione di stallo senza precedenti dove la disponibilità per la ricerca è ai minimi storici.
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