L'assurda storia di Vincenzo, laureato in Lingue, che non è riuscito a realizzare il suo sogno di insegnare.
Non basta più prendere una laurea con ottimi voti, avere alle spalle tanti anni di esperienza in giro per l’Italia e, infine, superare il concorso da primo con il massimo dei voti: diventare professori e accedere a un meritato posto è, per molti studenti, un percorso molto arduo.
A confermarlo è la storia di Vincenzo Salvatore Violetti, 41 anni di Napoli, laureato in Lingue all’università di Viterbo.
“Sognavo di insegnare francese, una lingua che amo. – ha raccontato Violetti al Corriere.it – Ma visto che i posti da professore di francese continuavano a diminuire, con le cattedre in aumento di russo e cinese, mi sono abilitato col Pas per l’insegnamento tecnico pratico nei laboratori socio-sanitari, classe di concorso B023″.
“Ormai avevo alle spalle tanta esperienza – ha detto – sicuro di essere sul punto di essere assunto. Poi il governo Renzi ci ha spinto a fare il concorso: l’ho fatto, e ho scelto la regione Lazio perché all’epoca solo 6 regioni avevano bandito il concorso per la 023, e nel Lazio c’erano ben 12 posti. Mi sono messo sotto a studiare, e mi sono piazzato primo, ero felicissimo”.
Ma la gioia ha lasciato subito spazio alla delusione e all’incredulità. “Non è arrivata nessuna cattedra, né quell’anno, né quello successivo, e nemmeno questo – ha raccontato Vincenzo – vedremo se la spunterò l’anno prossimo, è l’ultima possibilità perché poi le graduatorie scadranno. Cosa è successo? Ho scoperto che nonostante i posti banditi in realtà sulla regione c’erano 27 esuberi al momento in cui era stato bandito il concorso. Ora ce ne sono ancora 9. Ma perché bandire un concorso a cattedra se in realtà le cattedre non c’erano?”.
La situazione è peggiorata quando, per accogliere le richieste di professori esclusi dal concorso che, vincendo il ricorso in tribunale, hanno avuto il diritto a sostenere prove suppletive, la graduatoria si è allungata. Così, dopo esser stato illuso di aver finalmente realizzato il sogno della sua vita, Vincenzo è tornato a consegnare pizze, lavoro che gli permette di guadagnare 300 euro al mese. Quando qualcuno gli chiede se esiste un piano B, risponde categoricamente di no.
“No, quello non lo valuto. Amo da morire l’insegnamento – conclude – mia mamma e mia nonna insegnavano, mio padre era segretario”. Ma nonostante l’assurda situazione in cui si trova, Vincenzo non può non pensare ai suoi studenti. “I miei studenti sono ragione di vita: ho lavorato anche nelle scuole ‘peggiori’ di Napoli, dove c’erano i ragazzi più difficili, e ho sempre avuto motivo di sperare. Quello che non mi piace della scuola è altro: la burocrazia, la progettualità teorica, che ci portano fuori strada. La scuola è passione, non calcolo. Se ne dimenticano tutti, troppo spesso”.
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