Non tutti i corsi di studio garantiscono i medesimi benefici in ambito professionale. Alcune lauree, infatti, garantirebbero migliori opportunità lavorative anche a parità di retribuzione.
Quale facoltà scegliere? È questa la domanda più frequente che ogni diplomato, che intenda proseguire i suoi studi, si pone puntualmente alla fine della scuola. Tra i criteri di scelta, senza dubbio, prevalgono giustamente le attitudini personali, le aspirazioni professionali future e i gusti, anche se, non di rado, capita che gli studenti indirizzino la propria preferenza verso corsi di studio che garantiscano migliori opportunità lavorative e, persino, stipendi più alti.
Seguendo proprio questo principio, Almalaurea, uno dei più autorevoli centri statistici in materia, ha reso nota una recente indagine, in cui verrebbero illustrati gli indirizzi di studio più “convenienti” a livello professionale.
Inutile a dirsi, le facoltà scientifiche batterebbero decisamente quelle umanistiche, garantendo non soltanto opportunità d’impiego più vantaggiose e meglio remunerate, bensì anche tempi di ricerca professionale più brevi. Le classi d’Ingegneria nel 2017 avrebbero avvantaggiato i neolaureati, conducendoli in tempi relativamente brevi verso il mercato del lavoro e offrendo loro stipendi concorrenziali, così pure i colleghi di professioni sanitarie e ostetriche, nonché di medicina e chirurgia.
Fortunati anche gli studenti di discipline economiche, considerato che a soli tre anni dal conseguimento del titolo già l’85% dei laureati avrebbe ottenuto un lavoro con uno stipendio mensile netto di circa 1300 euro. A dispetto di quanto comunemente si creda, invece, gli studenti di Comunicazione non sarebbero poi così bistrattati e svantaggiati, avvicinandosi agli standard conseguiti dai colleghi di Economia.
Confermano, al contrario, le credenze popolari gli studenti di Filosofia e Storia, Scienze politiche, Biologia, ma a risaltare per i risultati peggiori in ambito professionale è proprio Giurisprudenza, la quale, essendo tra le discipline più frequentate, a tre anni dal conseguimento della laurea appena poco più della metà lavorerebbe, guadagnando, comunque, non più di mille euro mensili. Lo scarto occupazionale si ridurrebbe a cinque anni dalla laurea, seppure, anche in questo caso, non si tratti di un dato positivo ritardando, di fatto, l’ingresso nel mondo del lavoro.
Rispetto al 2010, tuttavia, i tassi di occupazione, sia per i laureati in Giurisprudenza che per quelli di Economia, resterebbero inferiori, così come per medici e ingegneri, mentre per filosofi e comunicatori i livelli di occupazione sarebbero ritornati pari a quelli di allora. Gli stipendi, poi, non sembrerebbero essere aumentati di molto e anzi, in alcuni casi, si sarebbero addirittura abbassati.
L’indagine Almalaurea, che ha coinvolto circa il 90% dei laureati italiani tramite sondaggi online e interviste telefoniche, prenderebbe in considerazione, tuttavia, anche numerose altre variabili, come il genere degli intervistati, le esperienze maturate durante gli studi, il voto di diploma, il contesto socio culturale di partenza, il rispetto dei tempi previsti per il conseguimento del titolo, la partecipazione a progetti di Erasmus.
Stando a queste discriminanti, gli individui di sesso maschile provenienti per lo più dal nord del Paese, che abbiano completato il percorso universitario a non oltre un anno di ritardo e che hanno fatto un’esperienza di studio in Erasmus avrebbero migliori opportunità occupazionali.
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