Gli studenti che decidono di trascorrere un periodo di studio o tirocinio all'estero ottengono risultati migliori in ambito universitario e lavorativo: gli ultimi dati pubblicati da Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati italiani.
Nei giorni scorsi, il Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea ha pubblicato l’annuale rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati italiani in riferimento all’anno 2017. Analizzando i profili di più di 276mila laureati, dalla ricerca, che si concentra su diversi aspetti inerenti alla figura dello studente, sono emersi dati importanti anche sul tema della mobilità internazionale.
Nell’epoca della cosiddetta “generazione Erasmus”, sono sempre più numerosi gli studenti che, ogni anno, decidono di trascorrere un periodo di studio o di tirocinio all’estero per migliorare le proprie abilità in ambito linguistico e, soprattutto, crescere in ambito personale e professionale. Tra tutti i Paesi europei, è recentemente venuto a galla che l’Italia è quello col maggior numero di giovani in partenza con il progetto Erasmus +.
Secondo i dati presentati da AlmaLaurea in occasione del Convegno “Mutamenti strutturali, laureati e posti di lavoro” tenutosi presso l’Università di Torino giorno 11 giugno 2018, e che fotografano proprio gli italiani da vicino, l’11% dei laureati dell’anno 2017 del nostro Paese ha svolto diverse esperienze di studio all’estero per un periodo più o meno lungo almeno una volta nel corso della propria carriera universitaria.
Una percentuale che, crescendo esponenzialmente di anno in anno, dimostra un chiaro interesse nei confronti di esperienze di questo genere e una chiara volontà di apertura nei confronti dei Paesi europei e, spesso, anche extraeuropei. Rispetto al passato, infatti, nonostante le forti tendenze antieuropeiste che hanno investito l’Italia solo negli ultimissimi anni, la percentuale di giovani che decide di partire per l’estero oggi è decisamente più alta: nel 2007 coloro che svolgevano un periodo di mobilità all’estero erano fermi al 7,9%.
Scendendo nello specifico, guardando più da vicino i dati pubblicati dal rapporto, si nota come l’8,8% degli studenti italiani abbia recentemente sfruttato soprattutto i programmi promossi dall’Unione Europea: l’Erasmus si piazza al primo posto, riconfermando l’interesse del nostro Paese tra i più alti in Europa, come già era emerso dai dati diffusi in occasione del Young International Forum e che avevano preannunciato più di 41mila italiani in partenza per il 2017. Il restante 2,3% utilizza altri programmi riconosciuti dal proprio corso di studi.
Ma qual è il profilo di questi laureati con la valigia in mano? Stando agli ultimi approfondimenti, circa il 59% percento degli studenti che scelgono di andare in Erasmus sono ragazze (contro il 41% dei ragazzi), l’età media si attesta intorno ai 23 anni e il periodo trascorso all’estero è di circa 6 mesi. Secondo i dati di Almalaurea inoltre, gli studenti più coinvolti sarebbero inoltre quelli appartenenti a corsi di laurea magistrale a ciclo unico (15,2%) e ai corsi di laurea biennale (15,1%). Gli iscritti a corsi di laurea di primo livello rappresenterebbero invece una porzione più piccola (8,2%).
Sembra, però, che una volta provato questo genere di esperienza siano moltissimi i giovani che decidono di partire nuovamente per trascorre un ulteriore periodo di studio o tirocinio fuori dalla propria città. Proprio per tale motivo, il programma Erasmus+ prevede la possibilità di studiare fuori per un totale di 12 mesi nel corso di tutto il proprio percorso universitario. Diffusa è, ad esempio, la tendenza a condurre, dopo un primo periodo di mobilità, anche la ricerca e la stesura della tesi di laurea in un ateneo diverso dal proprio: gli studenti coinvolti sono il 4,7% nel caso di laurea di primo livello, e 9,7% nel caso di laurea biennale.
Secondo le ultimissime analisi, pare che, oltre a incrementare importanti scambi con gli altri Paesi, i risultati di questo continuo movimento siano estremamente positivi soprattutto per quanto riguarda gli studenti e le loro competenze. Nell’ambito delle conoscenze linguistiche, infatti, i laureati dell’anno 2017 che hanno una buona conoscenza dell’inglese scritto sono il 76,1%, una percentuale che arriva fino all’81,3% nel caso dei laureati magistrali biennali. Inoltre, pare che un’esperienza all’estero influenzi in maniera significativa il voto di laurea.
Al di là delle competenze prettamente linguistiche, però, un altro dato significativo emerge dallo studio condotto da Almalaurea: coloro che effettuano un periodo di studio o tirocinio all’estero hanno più possibilità di trovare lavoro. Stando ad analisi e approfondimenti che riguardano strettamente il mondo del lavoro, pare infatti che un’esperienza all’estero nel curriculum conti più di un 110 e lode e che, a parità di condizioni, si abbiano più chance di trovare un impiego a un anno dalla conclusione del proprio percorso universitario: le chance occupazionali aumentano del 14% nel caso di un’esperienza studio e del 20% nel caso di un tirocinio.
Tirando le somme, dunque, sulla base dei dati emersi, un’esperienza di mobilità internazionale dovrebbe diventare parte imprescindibile del percorso universitario di ogni studente che si rispetti. Oltre che migliorare le proprie abilità linguistiche ed essere un importante momento di crescita personale, essa può infatti portare una serie di vantaggi anche in ambito universitario e professionale, ma soprattutto può diventare un vero e proprio cavallo di battaglia a un colloquio di lavoro.
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