In visita presso l'ex Monastero dei Benedettini, sede del DISUM, il professore del CNR Dario Generali ha tenuto un seminario sull'italiano. Il docente ha risposto ad alcune nostre domande sulla lingua.
Si è svolto lunedì 14 maggio presso l’aula A7 del Monastero dei Benedettini il seminario dal titolo Ermeneutica e linguaggio tenuto dal professore Dario Generali e organizzato dal gruppo di ricerca Prometeo, del Dipartimento di Scienze umanistiche. L’incontro è stato coordinato dal professore Alberto Giovanni Biuso, tra gli autori del volume “L’idioma di quel dolce di Calliope labbro. Difesa della lingua e della cultura italiana nell’epoca dell’anglofonia globale”.
Il professore è coordinatore scientifico dell’Edizione Nazionale delle Opere di Antonio Vallisneri, ed è membro dell’Istituto per la storia del pensiero filosofico e scientifico del CNR di Milano. Dario Generali rappresenta oggi uno dei maggiori storici della scienza in Italia.
Ai nostri microfoni il professore ha rilasciato alcune dichiarazioni circa l’uso del linguaggio nelle università e il rapporto che oggi sussiste fra l’italiano e una lingua ormai ritenuta veicolare a livello internazionale come l’inglese.
Come denunciato nel suo saggio, oggetto del seminario, “Subalternità linguistica e disorientamento culturale del sistema formativo italiano nell’età dell’anglofonia globale”, oggi si registrano nei nostri atenei gravi lacune riguardo le strutture grammaticali dell’italiano, anche basilare.
“Le motivazioni – ci spiega Generali – dipendono dal disastro delle riforme scolastiche degli ultimi decenni. La nostra Costituzione parla del diritto di raggiungere gli alti livelli della formazione e dell’istruzione per i capaci e meritevoli, ma l’idea di questi ultimi decenni mi sembra quella di esercitare il diritto al successo formativo. Quindi praticamente la scuola si è trasformata da selettiva a comprensiva“.
Proprio le recenti riforme hanno introdotto un sistema di organizzazione dell’organico scolastico per cui non si possono più avere classi poco numerose, che nel caso vengono smembrate e disposte in altre classi.
“Questo significa – continua il professore – che gli insegnanti, soprattutto quelli precari, perdono la sede di lavoro. Quindi prima di decidere la bocciatura di uno studente l’insegnante verifica cosa è successo nelle classi parallele per verificare di non avere la classe meno numerosa. In questo modo, l’eventuale promozione avviene non perché gli studenti abbiano raggiunto il livello di competenze desiderabili, il che sarebbe un grande successo, bensì per motivi di carattere personale“.
Proprio questo sistema è alla base del calo di competenze registrato nelle università italiane degli ultimi anni.
Continua a spiegare il prof. Generali: “Questa è una grave truffa, perché si promuovono studenti che non hanno le conoscenze adeguate, i quali poi dalla scuola media superiore arrivano anche all’università senza avere neanche le competenze linguistiche utili a preparare una tesi di laurea in italiano. Ed è anche una truffa alla società civile, perché si attribuiscono delle competenze che non esistono“.
Ma non è solo questione di lacune che attentano allo spessore e al benessere del nostro linguaggio, esiste anche un atteggiamento giornalistico e politico volto a preferire prestiti dall’inglese al posto dei termini nostrani dell’italiano.
“Questo è un problema molto significativo, oggetto di diverse discussioni. Le lingue vivono anche di prestiti – ci spiega il prof. Dario Generali – e in molti casi il prestito linguistico può essere arricchente, ma lo è quando va a colmare una lacuna del nostro linguaggio, cioè quando serve ad esprimere un nuovo concetto o strumento. Il disastro avviene quando questi termini vengono utilizzati in maniera impropria, senza alcuna necessità, sostituendo delle voci italiane alle volte più efficaci del prestito stesso. Per esempio quando in finanza usiamo il termine cash cow al posto del nostro vacca da latte“.
“Disastro” perché in molti casi sono delle espressioni fuorvianti rispetto al significato originario dell’italiano, oltre che avere una minore comprensibilità da parte di chi non capisce i linguaggi specialistici e più sofisticati.
Conclude Dario Generali: “È un grave danno, come sottolinea Sabatini, perché dopo tanto tempo finalmente la popolazione ha raggiunto la capacità di comunicazione in italiano, in questo modo gli si toglie la possibilità di comunicare ad ogni livello“.
Durante il seminario il professore Generali ha spiegato punto per punto le motivazioni alla base del suo disaccordo circa la decisione del Politecnico di Milano di avviare i corsi magistrale soltanto in lingua inglese, sostituendo totalmente l’italiano. E ha mosso le sue critiche al progetto scolastico CLIL, promosso dal MIUR e in atto in molti istituti superiori, che prevede la sostituzione dell’italiano con l’inglese in una materia curriculare.
Sul finire sono intervenuti anche l’ex professore di glottologia e linguistica del Dipartimento, Salvatore Claudio Sgroi, che ha fatto presente quanto le leggi in uso siano dinamiche e soggette alle scelte dei parlanti; e l’attuale professoressa del corso Iride Marianita Valenti, che ha spiegato l’imprescindibilità del contesto linguistico nell’apprendimento di una o più lingue da parte degli infanti quanto degli adulti.
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