Laurearsi in Lingue può offrire diversi sbocchi professionali. Dalla traduzione alla mediazione culturale: le opportunità per chi consegue il titolo in questo settore.
Il quinto anno del liceo, per ogni studente, è l’anno del bivio: frequentare l’università o abbandonare gli studi per lavorare? Per coloro che scelgono di continuare i propri studi, si apre una rosa di scelte ancora più profonde ed intricate: quale facoltà scegliere? E la scelta, chiaramente, può ricadere anche sulle umanistiche. In particolare, una gran parte degli appena diplomati sceglie di studiare lingue, in quanto “facoltà dai mille sbocchi”. Ma si sa veramente quali essi siano, al momento della scelta?
Occorre tenere a mente un punto ben preciso: frequentare e “sopravvivere” allo studio delle lingue significa laurearsi con molto più di una semplice pergamena; infatti si presuppone che, alla fine della triennale, si abbia una conoscenza ad altissimo livello delle lingue scelte (ad esempio, trovandosi tra le lingue più scelte, il C1 universitario in inglese). Da qui, indipendentemente dalle proprie lingue scelte, ci si ritrova a scegliere accuratamente la propria professione: in effetti, il livello di approfondimento della conoscenza di una lingua porta all’orientarsi verso posizioni più ricercate.
Con la conoscenza delle lingue, ci si può giostrare in diversissimi campi: si può ad esempio scegliere di diventare traduttori ed interpreti. I primi possono lavorare in qualunque campo le traduzioni vengano richieste: editoriale, legale, economico e così via. Si può cominciare come freelance per poi continuare e “crescere” nel frattempo via via che gli studi e il lavoro vanno avanti. Per quanto riguarda gli interpreti, anch’essi possono lavorare in campo legale, ad esempio. A chi punta alle stelle, è sempre consigliato iniziare con uno stage come diplomatico alle Nazioni Unite: è decisamente un modo per affrontare il vero mondo dell’interpretariato.
Un’altra strada scelta sin dall’università (ammesso che la facoltà sia presente nella propria città d’appartenenza), è la mediazione culturale e linguistica. Essere mediatori significa mettersi in campo non solo come linguisti, ma anche come esseri umani. La mediazione viene sempre più utilizzata in campo umanitario, ad esempio durante gli sbarchi sempre più frequenti: occorre dunque saper comprendere le situazioni, oltre che la lingua parlata. Naturalmente, con le lingue ci si può anche muovere nel mondo del turismo: dalle agenzie di viaggi alle semplici guide turistiche, conoscere profondamente una lingua straniera può portare a svolgere i più disparati lavori presenti in questo campo.
Ci sono ancora moltissimi campi di cui si potrebbe parlare, la conoscenza di una lingua straniera è davvero una delle chiavi per aprire il mondo davanti a sé. Ed è importante ricordare che non importa la scelta fatta: non occorre per forza andare a studiare le lingue meno parlate o più difficili, oppure ancora scegliere le lingue più comuni proprio per la possibilità di trovarle ovunque; non si è “migliori” perché si sa il cinese al posto dello spagnolo e non si è come gli altri se si sa solamente l’inglese. Imparare una lingua straniera è come suonare uno strumento, ci si deve orientare verso ciò che faccia sentire più sicuro sia l’apprendimento che lo studente stesso. La facoltà scelta, il grado di studio ed impegno e la voglia di farcela e riuscire nella propria vita futura faranno sicuramente il resto.
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