L'emergenza clochard a Catania sembra proprio non arrestarsi. E se sembra che dal Comune non ci siano misure da adottare, i cittadini dicono come la pensano.
Qualcuno li chiama “Gli invisibili”, perché ci sono ma è come se ci si dimenticasse della loro presenza. Sì, perché loro sono lì, accovacciati in uno scatolone, la maggior parte di cittadinanza non italiana, ma sembrano essere parte integrante dell’arredo notturno delle strade, quasi un’abitudine a condizioni disarmanti di degrado sociale.
Catania, uno degli scorci più belli della Sicilia con un patrimonio culturale e architettonico vastissimo, oggi sembra non riuscire a sanare un problema che davvero non smette di cessare. Il freddo inverno riapre la ferita (nonostante spesso ci si dimentica che persiste tutto l’anno e non solo nei periodi invernali) e mette in evidenza un taglio non guarito: lo sconforto nel vedere uomini e donne morire di freddo per le strade. In passato, un fatto di cronaca aveva riecheggiato tra le mura della città: la morte di un clochard in una delle zone del centro della città etnea. Negli scorsi anni, per cercare di abbassare il livello di allerta, erano state allestite delle strutture riscaldate nelle piazze principali di Catania. Un piccolo intervento che aveva permesso a molti di “sopravvivere”, perché si parla di questo, alle freddi notti. Quest’anno ancora nessuno si è mosso per cercare di sanare la situazione.
Le zone in cui la presenza dei clochard è più massiccia non sono solo quelle del centro, in particolare Piazza della Repubblica, Corso Sicilia, Piazza Stazione, ma anche le zone limitrofe, quali l’ex centro commerciale di Vulcania, in via Reclusorio del Lume, il viale Mario Rapisardi o all’interno di molte strutture abbandonate e in condizioni estreme. Come mai il Comune non si è ancora mosso per attuare delle misure di aiuto?
Abbiamo ascoltato due giovani che ai microfoni di LiveUniCT hanno detto la loro riguardo al fenomeno clochard. Flavio, uno studente fuori sede che abita proprio nei pressi dei portici di Corso Sicilia, ha dichiarato: “Più volte la sera rientro a casa tardi e davvero mi si stringe il cuore a vedere degli uomini e delle donne che tremano dal freddo. Ho provato ad aiutarli dandogli dei vecchi maglioni e delle coperte, ma ovviamente tutto ciò non basta. Come me, altre persone volontarie provano a dare una mano, grazie anche a delle associazioni, ma ancora una volta credo fortemente sia necessario un aiuto dai vertici.”
Della stessa opinione anche Roberto, un ragazzo residente in centro: “La maggior parte sono clandestini ormai e purtroppo non frega a nessuno di aiutarli se non ad associazioni o cittadini comuni. A mio parere, da cittadino, penso che una delle possibilità sarebbe quella di integrarli, di insegnargli la nostra lingua e incoraggiarli. Non si può permettere che un essere umano viva così. Inoltre, ci sono anche altre motivazioni. Ad esempio, se ognuno di noi provasse a campeggiare per strada, verrebbe multato e fatto spostare. Ma di fronte ai tanti clochard in strada, si fanno orecchie da mercante, finché non ci scappa il morto. Non credo che un paese si possa chiamare civile fin quando ci sarà qualcuno che dorme in uno scatolo. Accostandomi a queste persone, ho notato che non sono solo migranti. La popolazione non è lontanissima dal vivere in certe condizioni, ci sono anche catanesi per strada. La cosa più brutta è l’abitudine a certe condizioni di degrado sociale e umano. La maggior parte di loro è gente che vuole ancora andare avanti, ma che non trova l’aiuto necessario per avere il coraggio e la forza di ricominciare a vivere e smettere di sopravvivere.”
La situazione appare abbastanza chiara. Non si tratta di decidere se queste persone hanno torto o ragione, ma sarebbe davvero importante aiutarle a rialzarsi per poi continuare a camminare da sole.
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