Incredibile ma vero, i robot, entrati in punta di piedi nella vita dell’uomo, stanno prendendo sempre più autonomia sostituendosi ad esso anche nel lavoro.
La disoccupazione sembra non essere un problema legato solo alla crisi, ma potrebbe essere stato l’uomo stesso, in alcuni casi, a creare il proprio nemico. Con l’invenzione dei robot, capaci di sostituirsi all’uomo in tante attività, dalle pulizie in casa ai calcoli in ufficio, adesso questi uomini artificiali si intrufolano anche nelle professioni. Rischiamo di ritrovarli nelle corsie degli ospedali, nei laboratori di ricerca o negli studi legali. L’uomo ha fornito l’intelligenza a queste macchine e adesso rischia che queste lo sostituiscano nella quotidianità del suo lavoro. In un articolo della rivista futuristica di Boston Technology Review, i ricercatori sostengono che con l’intelligenza artificiale si possono analizzare milioni di documenti, note legali e resoconti di cause per trovare quelli più appropriati a preparare un caso.
Scrive l’Ansa a tal proposito: “È un lavoro certosino che al momento compiono negli Usa i ‘paralegals’, persone in genere non laureate, e gli avvocati associati all’inizio della carriera. Una analisi di McKinsey ha stimato che il 22% del lavoro degli avvocati e il 35% di quello degli assistenti potrebbe essere automatizzato, e già ci sono esempi come quello di JPMorgan, che ha da poco annunciato che sta usando un software chiamato ‘Contract Intelligence’ che in pochi minuti fa il lavoro per cui servivano 360mila ore l’anno di sforzi ‘umani’ “.
Gli Stati Uniti, anche in questo settore, predominano nell’utilizzo di software capaci di reperire grandi quantità di dati online, procedendo dunque ad uno smaltimento di lavoro che altrimenti sarebbe svolto da impiegati. In questo caso il risparmio da parte dell’azienda è notevole, perché non dovrà più pagare lo stipendio ad una persona, in quanto il lavoro di questa sarà svolto in maniera automatica da un software “addetto ai lavori”.
Tra le compagnie statunitensi che sviluppano software c’è Kira Systems, che collabora già con quattro dei dieci principali studi negli Usa. E’ stato stimato che le compagnie ‘legal tech’ hanno ottenuto il 43% in più di finanziamenti nei primi tre trimestri del 2017 rispetto all’anno precedente. La necessità di procedere in questo senso è certamente legata alla maggiore e sempre in crescita disponibilità di dati online, dunque la scuola di pensiero predominante sembra coincidere con le parole di Adam Ziegler, direttore del progetto per cui la Harvard Law School Library ha messo in rete tutti i propri documenti: “Mi aspetto che gli studi, sapendo che la tecnologia può fare molti dei lavori ripetitivi, non vorranno più farli fare agli avvocati. Perché pagare per un associato per fare quello che un computer può fare più velocemente?” .
Fortunatamente però non tutti siamo sostituibili con un computer, infatti al momento nessun software può sostituire la figura di un insegnante, con tutti i casi che quotidianamente questa persona deve conoscere e promuovere, colmando le lacune e diffondendo conoscenza. Sembra che il settore della scuola, per questa volta, sia tra i pochi al sicuro dall’invasione dei robot nella vita e nel lavoro.
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