La storia incredibile di Marco, giovane esperto di tecnologie, che seppur bocciato alle scuole superiori, ha fondato una start up tecnologica in grande crescita nella Silicon Valley.
Ma cosa c’è dietro questo grande successo? Prima di diventare l’uomo di successo che è oggi, Marco ha dovuto faticare molto. Vedendo dove è arrivato, è incredibile pensare che sia stato bocciato al quarto anno di scuola superiore, al “Leonardo da Vinci” di Milano. Invece, Marco racconta che è proprio così che andarono le cose. “L’anno in cui fui bocciato avevo iniziato a collaborare con alcune aziende italiane per vendere software e mettere da parte qualche spicciolo.” Marco, infatti, è un programmatore autodidatta che sviluppa software dall’età di 13 anni. “Diciamo che studiavo solo quello che mi interessava e non mi ritrovavo in una scuola che mi pareva troppo ancorata a tradizioni che non cambiano”. Nonostante tutto, però, Marco termina il liceo e si iscrive al’Università in Scienze Politiche, anche se per poco.
La svolta nella vita di Marco arriva quando decide all’età di 20 di andar via dall’Italia per vivere negli Stati Uniti, meta San Francisco e la Silicon Valley. Inizialmente, come racconta il giovane, erano in tre gli italiani (con Augusto Marietti e Michele Zonca) e nei primi tempi la situazione fu molto difficile, perché c’era da risolvere tantissimi problemi. “A San Francisco abbiamo cercato di fare più network possibile, per farci conoscere da imprenditori e potenziali finanziatori. Costruire una rete di contatti è fondamentale. E lo si fa anche su Internet”.
Da quel momento, piano piano, iniziarono ad arrivare gli investimenti economici di cui Marco e i suoi compagni di avventura avevano bisogno per dare vita al progetto che avevano in mente.
La grande crescita che ha interessato la startup dal 2010, anno in cui è partita, ad oggi è incredibile. Ma forse è incredibile solo per noi, perché in Italia non siamo ancora abituati a vedere simili imprese. Gli stessi ragazzi, fondatori di questo progetto, confermano che se fossero rimasti in Italia non sarebbero riusciti a fare granché. Gli stati Uniti, ed in particolare, la zona verso la quale loro si sono rivolti offre un ecosistema irripetibile per le start up, cosa che in Italia ci sogniamo. “In Italia esiste un ecosistema sbagliato, poco propenso a scommettere sui giovani. Fare impresa non dev’essere necessariamente una questione di orgoglio nazionale. Io sono un imprenditore, devo andare dove c’e’ più opportunita’ di avere successo e di creare più valore possibile” ha affermato Marco.
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