Ripresa inaspettata delle discipline umanistiche nel mondo del lavoro. Notizie confortanti arrivano dall’Osservatorio ExpoTraining che ci fornisce dati interessanti sul futuro del mercato del lavoro in Italia.
Tutti sanno che non si tratta di un momento felicissimo per gli studenti e i laureati in facoltà umanistiche. È opinione diffusa tra esperti del settore e non che in questo preciso momento storico gli sbocchi occupazionali per i laureati in materie umanistiche non siano numerosissimi e che l’eccessivo numero di laureati in discipline umanistiche in Italia non favorisca la competitività del nostro Paese sul mercato del lavoro. Recentissimi, infatti, sono i dati Ocse che parlano del gran numero di laureati umanistici e i commenti degli esperti, secondo i quali questo rischierebbe di favorire la disoccupazione nel nostro Paese. Fra qualche anno, però, le cose potrebbero cambiare, se non addirittura capovolgersi.
Pare, infatti, che gli studi umanistici stiano per tornare in auge e a confermarlo sarebbero i dati raccolti dall’Osservatorio ExpoTraining “Il lavoro in Italia nel 2027” pubblicati su Il Sole 24 Ore e che danno indicazioni su quali sono le caratteristiche che i candidati in cerca di assunzione dovranno esibire. Sono circa 500 i manager di grandi, medie e piccole imprese, esperti di informatica e comunicazione, che si sono espressi sulla questione. Circa il 24% di essi sostiene che le discipline letterarie e umanistiche a breve – tra una decina d’anni circa – saranno le più richieste in ambito lavorativo.
Un dato che stupisce, ma che risolleva gli animi di tutti coloro che si sono appena iscritti o che hanno intenzione di iscriversi a facoltà umanistiche come lettere, lingue, filosofia e storia. Ma qual è il motivo dell’improvvisa ribalta degli studi umanistici? Lo spiega Carlo Barberis, presidente di ExpoTraining, il quale sostiene che “la tecnologia e internet hanno reso la comunicazione alla portata di tutti e ciò di cui già oggi si sente la mancanza sono i contenuti, la capacità di raccontare e di rappresentare l’azienda.” Delle capacità che sono riconducibili, forse, al tipo di forma mentis che un corso di laurea in discipline umanistiche offre, una forma mentis che rende estremamente flessibili e in grado di avere competenze diverse in diversi ambiti. “Insomma, gli economisti, i tecnici e gli scienziati serviranno eccome ma serviranno anche letterati, giornalisti, filosofi, psicologi, sociologi”, spiega ancora Barberis.
È importante, però, comprendere che la questione non è così semplice. È vero che questi laureati in discipline umanistiche potrebbero avere un plus rispetto ad altri candidati, ma è anche vero che queste capacità che i laureati in discipline umanistiche possiedono devono necessariamente adattarsi ai tempi e alle nuove tecnologie. L’interdisciplinarità è importante, ma è una cosa su cui ancora non si lavora abbastanza: la maggior parte dei corsi umanistici dovrebbe integrare una parte più pratica che, soprattutto in tempi come questi, comprenda anche, e soprattutto, le tecnologie. Secondo l’esperto, infatti “occorre che la formazione umanistica si trasformi e che sia in grado di interagire con le nuove tecnologie e quindi con le nuove necessità del mercato del lavoro”. Ma è proprio qui che entra in gioco la proverbiale flessibilità delle menti umanistiche, una flessibilità che lascia ben sperare sul futuro dei giovani laureati in queste discipline.
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