Studiare lingue al liceo e all’università è davvero qualcosa di così diverso? Gli insegnamenti e programmi universitari per l’apprendimento delle lingue straniere nelle facoltà italiane, ad eccezione di quelle di Lingue e Letterature Straniere, sono davvero in grado di offrire competenze di maggiore livello per gli studenti?
Studiare ed apprendere l’inglese o più lingue straniere è una competenza fondamentale per gli studenti di tutte le facoltà universitarie, che una volta laureati dovranno fare i conti, chi più chi meno, con il mondo del lavoro, dove spesso la conoscenza esclusiva della lingua italiana risulta insufficiente. Proprio perché ci si è resi conto, negli ultimi decenni dell’importanza delle lingue, in un mondo globalizzato come quello in cui viviamo, il loro apprendimento inizia sin dalle scuole primarie. Da quanto emerge dal Key Data on Teaching Languages at School in Europe – 2017 Edition nella maggioranza dei paesi europei l’età in cui gli studenti di scuola primaria iniziano a studiare una lingua straniera si è, infatti, abbassata rispetto a dieci anni fa. Gli alunni cominciano a imparare una prima lingua straniera come materia obbligatoria in media tra i 6 e i 7 anni, ossia nei primi anni dell’istruzione primaria. L’Italia con la legge 53/2003 ha previsto l’insegnamento obbligatorio dell’inglese a partire dal primo anno della scuola primaria (6 anni).
In quasi tutti i paesi europei l’inglese è la lingua straniera più insegnata durante l’istruzione primaria e secondaria, anche se non è l’unica: oltre all’apprendimento di una prima lingua straniera, sempre più studenti si dedicano allo studio di una seconda lingua straniera a livello secondario inferiore. La maggior parte dei paesi europei si rifanno al Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER) sviluppato dal Consiglio d’Europa per definire livelli di competenza nelle lingue straniere che siano comparabili a livello internazionale. Al termine dell’istruzione secondaria superiore generale, la maggior parte dei paesi richiede come minimo un livello B2 (utente autonomo avanzato) per la prima lingua straniera. Diversi paesi hanno invece stabilito come minimo un livello B1 (utente autonomo – livello soglia). I livelli di risultati attesi per la seconda lingua studiata sono normalmente inferiori rispetto a quelli richiesti per la prima lingua. La richiesta nella maggioranza dei paesi è stabilita al livello B1 (utente autonomo – livello soglia). L’Italia è uno dei pochi paesi che richiede ai suoi studenti di aver raggiunto almeno un livello B2 al termine dell’istruzione secondaria superiore (B1 entro il biennio della scuola secondaria superiore) sia per la prima che per la seconda lingua straniera.
Ma spostandoci all’Università, che cosa cambia rispetto alla scuola secondaria superiore? Quale livello è richiesto da conseguire? Per quanto riguarda l’Italia, tale questione si fa più complicata. Perché se da un lato gli studenti di Lingue e Letterature Straniere, nella maggior parte (anche se non in tutti) gli atenei italiani, vengono previamente suddivisi al primo anno in classi, a seconda del proprio livello di conoscenza delle lingue, dall’altro, in tutti gli altri corsi di studio gli studenti si trovano a frequentare corsi di lingua ad un livello talvolta anche più basso di quello che avrebbero dovuto conseguire entro la scuola superiore. Se alla fine degli studi liceali è richiesto l’apprendimento del livello B2, frequentare dei corsi di lingua che attestano un livello B1, potrebbe essere poco formativo per chi effettivamente ha raggiunto il livello sperato durante il liceo. D’altronde c’è anche chi arriva all’università con un livello base e avrebbe bisogno di maggiore supporto e sostegno.
Allora la domanda sorge quasi spontanea: ma perché non suddividere gli studenti i base al proprio livello anche i tutti gli atri corsi di laurea? L’università dovrebbe offrire a tutti le opportunità di imparare qualcosa di nuovo, tenere delle competenze che già si possiedono, e partire da quelle per costruire un percorso formativo valido per tutti. Dall’istruzione universitaria si pretende che aumenti il livello delle nostre competenze, di tutte, comprese quelle linguistiche, ma così facendo questa pretesa risulta negata. È ancora possibile che i programmi universitari di lingue siano un remake di quelli del liceo?