L’app di messaggistica istantanea costretta a pagare una multa salatissima di ben tre milioni di euro. A fine agosto il primo avviso sul blog ufficiale aveva già spiegato agli utenti i nuovi termini di utilizzo.
La novità consisteva nel condividere con Facebook i dati raccolti sulla piattaforma di messaggistica. Difatti l’accusa rivolta all’app sarebbe quella di sfruttare gli interessi e le interazioni trovate nelle chat per ottimizzare le offerte pubblicitarie in bacheca. Una scelta infelice quella di “spiare” le conversazioni, che non è piaciuta soprattutto all’Europa, al punto da essere necessario un retro front imposto all’app dalle istituzioni di 28 Stati, i quali con una lettera aperta inviata al Ceo Jan Koum hanno chiesto la sospensione della condivisione dei dati. L’Antitrust in Italia già a ottobre aveva avviato due istruttorie con cui alla fine è riuscito a far pagare la multa di tre milioni di euro. Inoltre la piattaforma dovrà informare con una notifica tutti gli utenti italiani dei provvedimenti che sono stati eseguiti dall’Antitrust.
Finalità delle istruttorie era capire se WhatsApp avesse violato o meno il Codice di Consumo. Il primo procedimento ha constatato che WhatsApp ha indotto i suoi utenti ad accettare la condivisione dei propri dati su Facebook, convincendoli che in caso contrario non avrebbero più potuto usare l’app. Carlo Rienzi, presidente del Codacons intervenuto in favore degli utenti, sostiene che questa multa è una “vittoria degli utenti contro lo strapotere dei social network, che impongono condizioni spesso sfavorevoli ai consumatori nell’utilizzo delle applicazioni”.
Infatti Zuckerberg aveva garantito la totale indipendenza dell’app e di Facebook, assicurando al momento dell’acquisizione della prima, che sarebbero rimasti separati. Negli anni c’è stato un grande aumento del numero di utenti: WhatsApp ne conta più di un miliardo. Il secondo obiettivo, dopo l’ampliamento dell’utenza, riguardava invece l’informativa sulla privacy, nonché i termini di utilizzo venuti fuori ad agosto, e che permettevano di far passare le informazioni relative alla pubblicità dall’app a Facebook. Ricordiamo infatti che se l’app non prevede alcuna forma di pubblicità, Facebook invece vive anche di advertisement!
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